Antonio Canova

Antonio Canova nacque a Possagno, nei pressi di Treviso, il primo novembre 1757 e morì a Venezia il 13 ottobre 1822.

Figlio di uno scalpellino, fece il suo apprendistato a Venezia dove aprì uno studio nel 1775; nel 1779 si era trasferito già a Roma, ospite di Girolamo Zulian, ambasciatore della Repubblica Veneta.

Nella città dei papi seguì corsi di nudo all'Accademia di Francia e risiedette quasi per tutta la vita. Si allontanò da Roma solo per alcuni soggorni nei luoghi natii, soprattutto negli anni tra il 1798-1799, ossia durante la Repubblica Romana e l'esilio del papa pio vi Braschi. Poi fece anche altri viaggi all'estero ma mi senti sempre molto legato a Roma che era la sua base Fondamentale di ispirazione.

La tecnica scultorea di Canova

Canova ideava l'opera e poi eseguiva personalmente solo la lavorazione finale della superficie. Gli aiuti iniziavano l'opera e Canova la completava negli ultimi stati e di eleborazione. L'artista, infatti, partendo dal disegno definitivo realizzava il modello in creta; gli assistenti traevano da questo il calco in gesso. Nei punti significativi del calco venivano infissi dei chiodini di bronzo, dei punti di riferimento (o repère, in francese). Si accostava infine il calco al blocco di marmo e, servendosi di fili a piombo che pende vano da una griglia collocata sopra il gesso, di un pantografo e guidati dai punti di riferimento, si cominciava a sbozzare la pietra. Il lavoro degli assistenti si arrestava quando solo pochi strati di materia separavano l'abbozzo dallo stato definitivo. A questo punto interveniva di nuovo Canova che conduceva l'opera a compimento secondo la propria sensibilità.
Il modello in gesso con i repère e il metodo di lavoro della bottega canoviana consentivano di replicare la scultura quante volte lo si desiderava perché l'intervento iniziale e finale dello scultore garantivano sempre l'originalità dell'opera. Tutte le sculture di Canova sono condotte fino al sommo grado di finitura, levigate sino a che il marmo opaco non diventa totalmente liscio, traslucido, cioè quasi trasparente. È in questa estrema finitura del marmo che risiede la poetica di Canova, attento ai particolari oltre che alla resa complessiva e agli effetti di grande luminosità e tenue ombreggiatura.
Le opere di Canova erano generalmente di marmo. L'artista veneto lo considerava, infatti, l'unico materiale - come già affermava Michelangelo - adatto alla scultura in quanto poteva rendere al meglio la morbidezza e l'elasticità della carne. Anzi, affinché tali caratteristiche fossero messe adeguatamente in risalto, molte sculture di Canova erano totalmente o parzialmente trattate con cera rosata o ambrata dall'artista stesso, cosicché il colore del marmo finito fosse il più possibile simile a quello dell'incarnato.

Le sue opere, pur permeate dallo spirito 'classico e senza tempo' del Neoclassicismo, sono però sempre permeate di vita ed i personaggi sono comunque sempre vitali e 'veri' e sembrano davvero fare parte della 'nostra dimensione', dove li stiamo osservando. In questo risalta la differenza soprattutto con l'altro grande scultore del tempo, Berthel Thorvaldsen.

Le opere di Canova hanno molteplici punti di vista, che si espandono nello spazio

Paolina Borghese

Paolina era la sorella di Napoleone e divenne moglie del principe romano Camillo Borghese. Era una donna libera e gaudente. Del resto, era abituata alla bella e libera vita parigina e francese e non si trovò mai davvero bene e a suo agio e libera quanto voleva nella più rigida Roma papale. Anche e soprattutto per questo la sua figura di vista come un po'troppo spregiudicata da molti romani ed italiani.

Capito il personaggio si può davvero meglio apprezzare e comprendere questa statua. Ella si fa raffigurare seminuda e addirittura come Venere vincitrice. Ossia con il pomo della vittoria offertole da Paride, dato che nella famosa sfida tra dee, egli l'aveva considerata la più bella.

Anche questa statua, come le altre del Canova, aveva uni strato di c'era rosata spalmata, così da imitare meglio l'incarnato.

Non tutti sanno che il letto di legno su cui è posato il marmo conteneva originariamente un ingranaggio che consentiva alla scultura di ruotare. In tal modo, in base alla posizione che questa assumeva rispetto alla sorgente luminosa (naturale o delle candele) che la colpiva essa era più o meno illuminata e più o meno e variamente ombreggiata, mutando all'infinito d'aspetto e di significato.