Horti Farnesiani e le rose del Viridarium

Nel 1917, periodo in cui Giacomo Boni abitava sul Palatino, da lì sovrintendendo i lavori di scavo e facendone un'accademia all'aperto, egli creò il Viridarium, un giardino con le piante che erano particolarmente care agli antichi, come Plinio, Teofrasto e Virgilio. Definì tali piante "Flora Virgiliana".

Un altro ambito del giardino accoglieva invece nuove essenze, rifacendosi all'orto botanico descritto nella monografia del primi del 1600 del prefetto del Farnese Tobla Aldini. Era, a tutti gli effetti, un giardino sperimentale.

Con ciò egli voleva far rivivere lo spirito dei giardini imperiali e dei rinascimentali Horti Farnesiani che, rispettivamente nell’antichità e nel Cinquecento, avevano impreziosito la sommità dell'antico colle.

Boni era un appassionato di botanica e reintrodusse essenze esotiche in ricordo dell'Orto Botanico seicentesco. Sulla base dello studio della "pittura di paesaggio" negli affreschi di Pompei e del Palatino e sulla scorta degli autori latini, egli ricostruì il repertorio delle essenze della "flora classica", cioè le specie di piante e fiori conosciute nell'antichità. Non si trattò, dunque, di un restauro consapevole e intenzionale del giardino rinascimentale.

Inoltre, Boni approfondì e sperimentò il tema della flora classica sulle rovine, distinguendo quelle nocive da quelle di adornamento delle aree archeologiche.

L'impianto del giardino è rimasto, nelle sue linee generali, invariato nel tempo fino agli inizi del 1960 quando l'area ospitò una nuova sistemazione a roseto che dialoga tutt'ora virtualmente con il Roseto comunale adagiato, dal 1950, ai piedi del Colle Aventino.

Nel 2018 le rose di allora, quasi tutte ormai senescenti, sono state sostituite con un nuovo impianto che ripercorre la storia delle rose: dalle antiche Alba, Damascena e Gallica alle Rose Cinesi, ibridi antichissimi che arrivarono in Europa nel XVIII secolo e diedero vita a una innovazione radicale nel mondo delle rose introducendo caratteristiche fino all'ora sconosciuto come la capacità di rifiorire senza interruzione nell'arco di tutto l'anno; e infine le rose della fine del 1800 a corona intorno la lapide di Giacomo Boni sepolto nel suo Viridarium Palatinum.

Oggi, grazie all’intervento di Boni, possiamo godere di questa nuova simbiosi tra le magnifiche strutture farnesiane (le grandi uccelliere e le fontane) e la vegetazione, con le grandi alberature ormai centenarie. Dico “nuova simbiosi” perché il Giardino Farnesiano è sostanzialmente del tutto perduto già prima dell’arrivo di Giacomo Boni: l’abbandono e gli scavi dal Seicento all’Ottocento lo avevano fatto scomparire.

Del resto, anche dalla sistemazione a giardino del Boni sono passati ormai più di cento anni ed il tempo e la grande frequentazione dell'area hanno offuscato le linee stilistiche originali. Per questo motivo sono in corso interventi di vero e proprio restauro. Esso seguirà le orme di Giacomo Boni che aveva voluto nel giardino le piante presenti fin dall'antichità ma anche alcune tra quelle citate dell'orto botanico dei Farnese, piante nel 1600 sconosciute in Europa che stupivano i visitatori e inorgoglivano il proprietario del giardino, come l'acacia farnesiana e la passiflora.

"vorrei far ricca la flora palatina; vorrei far sentire l'influenza educativa emanata dall' amoroso rispetto alle piante e di cui mostrano aver gran bisogno taluni visitatori."

G.Boni