Il Casino Ludovisi e l'Aurora del Guercino.

Il 3 giugno 1621 il potente cardinale Ludovico Ludovisi (detto il " cardinal padrone", clicca qui per conoscere meglio questo importante personaggio) acquistò dal cardinale Francesco Maria del Monte alcuni terreni in prossimità di Porta Pinciana. Ai romani di oggi può sembrare incredibile ma a quei temp la zona era del tutto disabitata ed aveva l'aspetto di aperta campagna.

Eppure la zona diventerà presto una sorta di "Beverly Hills", caratterizzata dalla presenza di molte ville principesche suburbane, dotate di splendidi giardini e boschetti (clicca qui per approfondimento).

In questo fondo esisteva già un casino.

Molto presto si pensò di affidare a Guercino l'incarico di dipingerne alcuni ambienti. Gli venne affiancato il quadraturista Agosto Tassi.

I soggetti furono suggeriti dal marchese Enzo Bentivoglio ed i lavori si svolsero tra il luglio del 1621 e la fine dello stesso anno.

Le due stanze dipinte dal Guercino si trovano l'una sopra all'altra, proprio nel nucleo del casino. Al piano terra c'è la celebre Sala dell'Aurora mentre al piano superiore, raggiungibile mediante una scala a chiocciola, si trova la Sala della Fama.

Non si tratta di sale molto grandi. Se il Guercino avesse avuto molto spazio a disposizione, probabilmente avrebbe dipinto tutto in un'unico ambiente ma, in realtà, il fatto di avere due sale sovrapposte si rivelò un vantaggio. In effetti, i due soggetti raffigurati nelle due sale vanno letti in successione: sono, infatti, un'allegoria che coinvolge il destino della famiglia a seguito dell'elezione a pontefice di uno dei suoi componenti. Il salire le scale ci restituisce bene l'idea dell'ascesa della Fama verso l'eternità!


La sala del piano terreno misura 5,30×10,30 metri, ed è coperta da una volta a botte. La sala superiore, pur avendo le stesse di mensioni, ha, invece, il soffitto piano.
Agostino Tassi ha dipinto ad affresco, mentre il Guercino è intervenuto in un secondo momento a tempera, cioè sull'intonaco già secco.

Per quanto riguarda le iconografie, cioé la raffigurazione dei personaggi, il Guercino si basa molto sulla celebre Iconologia di Cesare Ripa (clicca qui per conoscere meglio questo famoso 'manuale', sempre molto consultato dagli artisti e dagli addetti ai lavori). Ma l'artista non segue pedissequamente le 'disposizioni' di quel testo: in effetti, egli si riserva il diritto di concedersi un certo grado di libertà raffigurativa,


Sala dell'Aurora

Nei dipinti viene superata l'idea carraccesca dei quadri riportati sulla parete (come a Palazzo Farnese e come stava facendo anche Guido Reni in Palazzo Rospigliosi): al posto di essi, si realizza qui un enorme sfondato spaziale oltre il quale si vede il carro dell'Aurora. Il soffitto viene, dunque, 'sfondato' e si da l'illusione di ammirare qualcosa che avviene al di là del sofftto stesso!

Nella Sala dell'Aurora il Tassi ha organizzato la volta geometricamente, fingendo un'architettura che si apre su due lati e che scopre il cielo.

Ma Guercino evita di lasciarsi coinvolgere fino in fondo dall'illusionismo architettonico e, lavorando a secco sui finti architravi e sui pilastri, li trasforma in parte in ruderi creando, allo stesso tempo, uno squarcio che unisce il cielo con la lunetta in cui è raffigurata la Notte.


Al centro della volta, in una ardita prospettiva dal sotto in su, campeggia l'Aurora con gli attributi (in parte modificati) con illustrati da Cesare Ripa (1560-1645) nella sua Iconologia. (clicca qui per conoscere meglio questo famoso 'manuale', sempre molto consultato dagli artisti e dagli addetti ai lavori). Ella, infatti, è «una fanciulla [...] di color incarnato con un manto giallo in dosso [...] et con la destra sparge fiori».

Negli abiti dell'Aurora si notano il rosso, per l'Onore, e il giallo, per la Virtù. Essi alludono alla famiglia Ludovisi, il cui simbolo araldico è appunto composto da tre raggi dorati in campo rosso.

Due cavalli dal mantello pezzato trainano il suo cocchio dirigendosi verso la Notte.

Nelle due lunette della sala, infatti, sono rappresentati Il Giorno e La Notte, uno di fronte all'altra.

Il primo, il Giorno, sempre seguendo le descrizioni del Ripa, è dipinto come un «giovane di bello aspetto alato, per esser parte del tempo», che sta «sopra le nuvole con un torchio acceso in mano» ed è visto come Lucifero, portatore di luce e, per l'appunto, è preceduto dal carro dell'Aurora.

La Notte è una «donna vestita di cangiante bianco e turchino [...] che stando detta figura a sedere [...] tenghi un libro aperto, et mostri di studiare», «nel braccio destro terrà un fanciullo bianco, et nel sinistro un altro fanciullo nero [...] et ambidue i detti fanciulli dormiranno...».

Ancora una volta, Guercino non segue alla lettera le descrizioni del Ripa e pone la figura della Notte in una sorta di antro, un'architettura in rovina e ormai preda di erbe e rampicanti, appena rischiarato dal lume di una lucerna, seduta con un libro aperto, ma appisolata. Le fanno compagnia due bimbi dormienti, raffiguranti il Sonno e la Morte di cui essa è madre. Un gufo in una nicchia e un pipistrello che volteggia in alto sono altrettanti sinistri simboli della notte.

 

Sala della Fama
Nella Sala della Fama l'architettura finge un insieme di colonne tortili binate che sostengono una trabeazione a cui segue una balaustrata oltre la quale si apre un cielo chiarissimo. E' molto probabile che furono di ispirazione per il Bernini nel realizzare il Baldacchino della Basilica di San Pietro. 

Nel cielo si ammira la Fama in volo. E' dotata di candide ali, e tiene una tromba nella mano destra. La veste blu e il mantello giallo-arancio, sventolanti nell'aria tersa, avvolgono un corpo dalle forme prosperose disposto quasi a formare un arco. Il suo volo la conduce verso un uccello ad ali spiegate, che rappresenta la mitica fenice.
Sono compagni della Fama l'Onore e la Virtù, le due figure armate, abbracciate e sedute su una nuvola. Le loro vesti, con la prevalenza del rosso, per l'Onore, e del giallo, per la Virtù, alludono, qui come già nell'abito dell'Aurora, alla famiglia Ludovisi, il cui simbolo araldico è appunto composto da tre raggi dorati in campo rosso.

Molto significativa, infine, è la scelta del Guercino di dividere il cielo in tre parti uguali e di saturare con le personificazioni della Fama, dell'onore e della Virtù due sole di esse, lasciando, invece, la terza quasi completamente vuota.
In essa campeggia la fenice, simbolo di continua rinascita e, perciò, di eternità.