Il Foro Romano ed il Palatino

Assolve contemporaneamente alla funzione di centro civico e religioso essendo luogo di incontro, di giochi e di spettacoli e di amministrazione della giustizia ed attività commerciali e politiche ma è anche sede di templi poiché ogni atto della vita politica veniva accompagnato da riti sacri per porlo sotto la protezione degli dèi.

 

IL FORO ED IL PALATINO DAL RINASCIMENTO AL 1870

Alla metà del Cinquecento il Palatino e le sue propaggini verso il Foro erano pressoché disabitati. Le rovine dei palazzi imperiali affioravano tra pascoli e campi coltivati. Fra i ruderi sorgevano modesti ricoveri, connessi con la coltura del fondo. Tali proprietà nei documenti dell’epoca sono definite vineae (vigne), anche se la Vite non sempre fosse presente. Il Foro ed il Palatino avevano, dunque un aspetto semiagreste e questo aspetto agreste rimarrà sostanzialmente fino alla presa di Roma del Venti Settembre 1870.

I soli edifici monumentali erano chiese e conventi (S. Anastasia, S. Teodoro, S. Maria in Pallaria /S.Sebastiano), oltre ai resti delle fortificazioni realizzate nel XII secolo dalla nobile famiglia romana dei Frangipane, insediatasi nell’area.

Il Foro era un’ampia spianata di terra battuta, formata dai detriti dei crolli degli antichi edifici. Fra i pochi ruderi emergenti, si svolgeva il mercato del bestiame. Ecco perché la zona venne presto chiamata "Campo Vaccino" e tale nome (mentre Foro di fatto scomparve!) si mantenne, incredibilmente, fino al XIX secolo!

 

Comunque, è anche vero che, nel XV secolo l’area del Palatino e del Foro venne interessata da importanti trasformazioni. Ad esempio, si ebbero importanti scavi, tra cui quello particolarmente significativo del 1487 che portò alla scoperta, sulla via Sacra, davanti alla Basilica di Massenzio, dei  celebri frammenti della grande statua di Costantino. Essi vennero trasportati nel cortile del Palazzo dei Conservatori in Campidoglio dove tutt'ora si ammirano.

Comunque, le trasformazioni maggiori, veramente radicali, nel Foro si ebbero in occasione della memorabile visita a Roma dell’imperatore Carlo V, nel 1536, il “Campo Vaccino" venne regolarizzato e si innalzò il livello del piano di calpestio della Via Sacra, per riprodurre il percorso trionfale seguito dagli imperatori antichi. Si trattava dell’omaggio del papa Paolo III all’imperatore, di ritorno dalla conquista di Tunisi.

Le attività nell’area ripresero con febbrile intensità dal 1540 fino al 1549. Le ricerche furono particolarmente devastanti: i marmi di maggior mole furono ridotti in pezzi e cotti per farne calce.

La Via Sacra

Quando devo spiegare la via sacra agli americani mi piace definirla la "main street" dell'antica Roma. Ma, in realtà, era molto di più!
Essa era sicuramente l'asse viario più importante di Roma e ciò non solo per l'urbanistica e per, dunque, gli spostamenti dei romani. Essa era importantissima anche e soprattutto per la religione e per i trionfi!
In effetti, già il nome è tutto un programma e si capisce subito che dovesse trattarsi di una via importantissima! Il nome così altisonante gli deriva dalla tradizione che vuole che qui Romolo e Tito Tazio firmarono la pace dopo dalla guerra causata dal Ratto delle Sabine.
Nell'epoca dei re era un percorso sacro che collegava la Regia, il Comizio e l'Arx Capitolina. Il tratto dalla Velia alla Regia si chiamava Sacra via summa.
Il percorso venne sempre più monumentalizzato, soprattutto  in età imperiale, anche a seguito di vari incendi. Inoltre, fu più volte regolarizzato e in alcuni tratti forse anche modificato. Ed, in effetti, ancora oggi gli archeologi non sono concordi riguardo la ricostruzione del suo percorso: l'esatto percorso della via Sacra è ancora oggi una questione aperta.

Tempio di Castore e Polluce

Castore e Polluce

Due gemelli, eroi della mitologia greca. Nati, assieme a Elena, dall'uovo di Leda congiuntasi con Zeus sotto forma di cigno, so no perciò detti anche Dioscuri (dal greco Diòs, Zeus, e koùroi, figli, cioè «figli di Zeus»). Poi ché Castore venne ucciso, Pol luce rinunciò a metà della sua immortalità a favore del fratel lo; pertanto essi vivevano un giorno sull'Olimpo e un giorno nell'Ade. Solitamente sono rap presentati a cavallo o vicini ai lo ro cavalli.

Il Germalo

Il Cermalus è il nome antico dell'altura ubicata all'estremità sud ovest del colle Palatino.

Lo possiamo considerare un vero e proprio "museo delle origini" della città antica, dato che è tutt'ora possibile ammirare resti delle capanne dei primissimi abitatori. In effetti,  fu occupato fin dalla fase del bronzo finale/prima età del Ferro (XI-X secolo a.C.). In esso, infatti, oltre alle residenze dei primi re, rappresentate dalle capanne straminee (cioè realizzate con strame di paglia) della prima età del ferro, insistevano i luoghi di culto originari che in epoca storica verranno sostituiti dai santuari di Magna Mater, Victoria e l'Auguratorium.

Gli scavi in profondità nel santuario della Grande Madre degli Dei hanno permesso di identificare i culti femminili che hanno preceduto l'avvento della Magna Mater nel 204-191 a.C. e hanno contribuito a fare luce sul complesso rituale delle feste dedicate alla dea e al suo paredro Attis.

Umbilicus Urbi

L'Umbilicus Urbis era il centro ideale della città, ma celava anche il mundus, ossia la fenditura nel terreno dedicata agli Dei Mani attraverso la quale il mondo dei viventi entrava in contatto con quello sotterraneo.

Per ben tre volte nel corso dell'anno romano (24 Agosto, 5 Ottobre e 8 Novembre) il masso che copriva il mundus veniva spostato consentendo alle anime dei morti di ricongiungersi a quelle dei vivi. Una circostanza che non doveva essere fonte di tranquillità per i Romani: mentre il "mundus patet" (cioè mentre la fossa è aperta) era infatti proibito combattere, occuparsi degli affari di Stato, sposarsi e le porte di tutti i templi restavano chiuse.

Così infatti ci riferisce Macrobio riportando uno scritto di Varrone:

"Unde et Varro ita scribit: Mundus cum patet, deorum tristium atque inferum quasi ianua patet: propterea non modo praelium committi, verum etiam dilectum rei militaris causa habere, ac militem proficisci, navem solvere, uxorem liberum quaerendorum causa ducere, religiosum est". (Macrobio, Saturnalia 1.16.18)

Tempio di Romolo

Il cosiddetto "Tempio del Divo Romolo" è un edificio di IV secolo d.C. ed è una suggestiva aula a pianta circolare e due rettangolari absidati laterall. Sorge a ridosso della via Sacra, con una facciata a emiciclo e con nicchie ai lati del grande portale di bronzo centrale. La porta, forse recuperata da un edificio di II-III secolo d.C. ha la serratura originale ancora funzionante!
Tradizionalmente identificato come tempio dedicato dall'imperatore Massenzio (278-313 d.c.) alla memoria del proprio figlio Valerio Romolo, che morì giovanissimo nel309 d.C.
Ma l'edificio è anche identificato come Tempio di Giove Statore o come Sala delle udienze del Prefetto della Città (Praefectus Urbis). 
È assai probabile che fosse il monumentale vestibolo d'ingresso al Foro della Pace, dalla Via Sacra, che fu realizzato nell'ambito del riassetto urbanistico di Massenzio, completato poi da Costantino (274-337 d.c.). 
Agli inizi del VI secolo d.C., con la trasformazione della retrostante Aula del Foro della Pace in Basilica del santi Cosma e Damiano, l'edificio mantenne la sua funzione di ingresso dalla via Sacra e come tale fu utilizzato a partire dal Medioevo fino al 1632. Con papa Urbano VIII, il pavimento del vestibolo e della chiesa fu rialzato di otto metri con una tramezzatura su volte; in tal modo gil ambienti accessibili dal Foro divennero spazi ipogei.
Nel 2000 la Soprintendenza ha provveduto a ripristinare la volumetris originaria demolendo la tramezzatura seicentesca, ma lasclandone documentazione negli innesti delle volte di sostegno e nel resti dei quattro pilastri portanti. Le fasl medievali sono testimoniate dalle pitture e dai monumenti funerari. Un sarcofago in terracottā, conservato al di sotto del plano di calpestio, si ritiene contenesse reliquie sante. La pittura più antica, probabilmente del X secolo, si conserva nella cripta. Essa raffigura la Madonna con il Bambino tra Santi, forse Cosma e Damiano. Sulle pareti della rotonda si datano alla metà del XIII secolo le immagini a imitazione di "velari": di poco successive sono quelle con Cristo tra Maria Maddalena e Maria Salomé che adormano la grande nicchia. Alla fine XIII secolo rimanda il monumento funerario a mensa d'altare, con il dipinto della Madonna e Bambino tra i santi Cosma e Damiano, attribuito a Jacopo Torriti. La figura dei santi medici rimanda al potere salvifico dei luoghl e si ricollega idealmente alla valenza dell'acqua sorgiva, che ancora oggi sgorga nei due pozzi presenti rispettivamente nel piano della cripta ed in quello della rotonda.

Gli alberi sacri di Roma

GLI ALBERI SACRI DI ROMA

Le fonti antiche, tra cui Plinio nella sua "Storia Naturale" (15,77-78; 1 d.C), tramandano la presenza nella piazza del Foro di tre plante, simbolo della cultura romana: Ficus, Olea, Vitis. L'agricoltura, rappresentata con l'olivo e la vite, era considerata l'attività moralmente più degna del cittadino romano, espressione dei valori dei padri e della prosperità della nazione.

I Romani introdussero la coltivazione dell'olivo anche nei territori conquistati e l'olio di oliva divenne uno dei prodotti cardine dell'economia della città: era utilizzato anche per l'illuminazione, la cosmesi, la medicina e la meccanica.

L'olivo era così importante da essere piantato vicino al fico, albero sacro perchè legato al mito delle origini secondo il quale la cesta, in cui furona abbandonati i divini gemelli Romolo e Remo, figli del dio Marte e della vestale Rea Silvia, e futuri progenitori di Roma, si ancorò sotto un fico selvatica, detto ficus ruminalis.

SACRED TREES OF ROME

THE Ancient sources, including Pliny the Elder's "Naturalis Historia (Liber XV.77-78, (AD) inform us that three plants grew in the Roman Forum square, the symbol of Roman culture: Ficus, Olea, Vitis. Agriculture, represented by the olive tree and the grape vine, was considered the activity most morally befitting of the Roman citizen. It was seen as an expression of the values of one's ancestors and the prosperity of the nation. The Romans introduced olive cultivation to the territories they conquered and olive oil production soon became a key component of the city's economy: in addition to its culinary applications, it was also used for illumination, cosmetics, medicine and mechanics. The olive tree was so important that it was planted next to the fig tree, considered sacred due to its links to the city's foundation myth. The legend tells us that the basket containing the divine twins Romulus and Remus, sons of the god Mars and the Vestal virgin Rhea Silvia and future progenitors of the city of Rome, washed ashore at the foot of a wild fig tree known as the ficus ruminalis,

Casina Farnese del Palatino

Il Casino è quanto resta oggi di quello che, prima delle demolizioni preliminari agli scavi archeologici, era ben più grande.

Consta di due piani e sorge sui resti di uno dei ninfei ai lati del grande triclinio del palazzo imperiale di epoca domizianea (81-96 d.C.).

La struttura esisteva già nel XVI secolo e fu poi ristrutturato dai Farnese che vi aggiunsero una loggia a due ordini ricoperta di affreschi con balaustra di travertino.

È ornato di splendide pitture, che rappresentano paesaggi bucolici sulle pareti e grottesche sulle volte, impreziosite da ovali dedicati a divinità come Venere oppure a personaggi mitici come Ercole, Caco o gli Argonauti. Sono attribuite agli allievi di Taddeo Zuccari.

Un tempo c'erano anche altre pitture che sono state poi asportate ed alcune si conservano addirittura all'estero, ad esempio a Dresda.

Vicus Tuscus

Il nome della via ricorda gli etruschi. Era una delle vie più eleganti dell'Urbe, dove i ricchi potevano fare shopping ed anche farsi vedere. Dal foro conduceva al Tevere, al Foro Olitorio. Botteghe di lusso e tabernae ed anche solo bancarelle direttamente in strada. Costeggiava le pendici del Palatino.

C'erano anche botteghe rinomate di stoffe preziose e profumerie. Nel vicus Tuscus c'erano molte  botteghe di lusso. Essa era anche chiamata vicus Thurarius (cioè via dell'Incenso), per la presenza dei profumieri più importanti di Roma

Attività commerciali del Foro

Lungo la via Santa, soprattutto prima del grande incendio di Nerone, i ricchi avevano nobili e lussuose domus, dimore. Però affittavano le parti prospicienti la via sacra ai commercianti e bottegai ricevendo ovviamente alti affitti. Per i commercianti avere una bottega sulla main street di Roma era ovviamente il più grande degli onori e fonte di immense entrate! Ai ricchi non importava molto avere bottegai nella parte anteriore della casa: tanto le domus erano sempre proiettate verso l'interno e mai verso l'esterno: tutto si xoncentavava verso l'interno, col suo peristilio e il giardino interno ed altri cortili interni.

Dietro il Tempio dei Castori,si trovavano le prostitute.

Accanto alla Casa delle vestali c'erano le Scalae Anulariae (il nome deriva dagli anularii, cioè i fabbri canti di anelli), una scalinata che conduce alla via dove erano moltissime botteghe di gioiellieri. Sono state ritrovate infatti gemme di pasta vitrea ritrovate dagli archeologi nello scavo del Lacus Iuturnae.
Accanto alla Basilica Iulia i cambiavalute. Nel vicus Tuscus c'erano molte  botteghe di lusso. Essa era anche chiamata vicus Thurarius (cioè via dell'Incenso), per la presenza dei profumieri più importanti di Roma e anche per gli aromi che si respirano nell'aria.
La Domus Publica, la casa dove visse Giulio Cesare e da cui uscì la mattina delle idi di marzo del 44 a.C., ora è stata trasformata in un... centro commerciale! Al suo interno si poteva anche mangiare.