Il Neoclassicismo

Testo

Il Neoclassicismo è la logica conseguenza sulle arti del pensiero illuminista.

Si rifiutano gli eccessi del Barocco e del Rococò, considerati espressione del gusto delle classi dominanti e dei governanti dispotici e si guarda, invece, all'arte dell'antichità classica. Un'attenzione ed un'ispirazione particolare ebbe, ovviamente, per l'antica Grecia, caratterizzata dalle poleis e le loro libertà.

Si auspicava un ritorno all'antico e la volontà di dare vita a un nuovo classicismo.

Come è noto, questa sete di antichità si ebbe soprattutto in seguito alle scoperte di Ercolano e, soprattutto di Pompei.

Il centro nevralgico del Neoclassicismo non poteva che essere Roma. Qui si trasferì, nel 1755, Johann Joachim Winkelmann (1717-1768). Fu prima bibliotecario del cardinale Domenico Passionei e poi, dal 1758, del potente ed influente cardinale Alessandro Albani. Quest'ultimo era uno dei maggiori collezionisti del tempo e fautore di un restauro integrativo dei reperti. Abitava nella magnifica residenza suburbana degli Albani sulla via Salaria e qui ospitò Winckelmann. La villa, oltre alla biblioteca, era celebre perché era piana di opere classiche della collezione del cardinale ed essa fu fondamentale per l'ispirazione e l'articolazione delle teorie di Winckelmann sul Neoclassicismo. 

Proprio a Villa Albani Winckelmann scrisse la sua celebre Storia dell'arte nell'antichità (1764). Si trattò di un'opera grandiosa e, soprattutto, innovativa: per la prima volta la storia dell'arte antica veniva studiata sia dal punto di vista cronologico sia dal punto di vista estetico. Per quanto incredibile possa sembrare, in precedenza l'arte antica veniva considerata un' unicum omogeneo.

Va sottolineato che Winckelmann in vita sua non vide mai un originale greco (molte sculture celebri furono scoperte solo dopo) e baso' i suoi studi e i suoi principi interpretativi sull osservazione delle copie rimane del tardo ellenismo.

Ecco perché si verificarono alcuni 'corto circuiti': quando si portarono in Inghilterra i marmi del Partenone non si volle credere che fossero gli originali di Fidia, dato che erano lontani dalla bellezza ideale. I marmi dei frontoni del tempio di Zeus a Olimpia furono giudicati deludenti be 'provinciali'.

Secondo le 'direttive' di Winkelmann bisognava evitare di rappresentare la rappresentazione dell'azione. Andava, invece, sottolineata la grandezza d'animo dei personaggi. Invece di rappresentare i combattimenti si raffiguravano i momenti immediatamente precedenti e, soprattutto, immediatamente successivi.

Le parole d'ordine erano "quieta grandezza" e "nobile semplicità". Passione e turbamento non dovevano venire rappresentati; si preferiva, infatti, raffigurare con spirito 'illuministico' la pacata consapevolezza dell'attimo che precede l'azione o la serena distensione del momento che la segue.

In "Pensieri sull'imitazione dell'arte Greca" (1755), partendo dalla premessa che il buon gusto aveva avuto origine in Grecia (e che ogni volta che si era allontanato da quella terra aveva perso qualcosa), Winckelmann giungeva alla conclusione che, per diventare grandi, bisognava imitare gli antichi. Imitare e non copiare: bisognava ispirarsi ad un modello e poi comunque lasciare spazio alla propria fantasia ed ispirazione per giungere a nuove creazioni. Le sculture principali da imitare si trovavano a Roma, al Vaticano: le celeberrime sculture Antinoo del Belvedere e l'Apollo del Belvedere. E poi il Gruppo del Laocoonte 

A proposito di esso, Winckelmann definisce ciò che egli ritiene essere il carattere proprio di quella scultura e allo stesso tempo stabilisce il principio fondamentale a cui si conformerà ogni opera neoclassica:

«la generale e principale caratteristica dei capolavori greci è una nobile semplicità e una quieta grandezza, sia nella posizione che nell'espressione. Come la profondità del mare che resta sempre immobile per quanto agitata ne sia la superficie, l'espressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre un'anima grande e posata>>.

Winckelmann sostiene, inoltre, che «più tranquilla è la posizione del corpo e più è in grado di esprimere il vero carattere dell'anima».

Se è vero, perciò, che è più facile riconoscere l'anima nelle passioni forti e violente, tuttavia essa è grande e nobile «solo in istato d'armonia, cioè di riposo». Una scultura neoclassica, dunque, non sarà mai concepita in modo da esprimere intense passioni né rappresenterà il verificarsi di un evento tragico mentre accade.

Pertanto, nella composizione dei propri soggetti, l'artista sceglierà sempre l'attimo successivo all'ardente turbamento emotivo e rappresenterà il momento che precede o segue un'azione tragica, quando il tumulto delle passioni o non c'è ancora o si è già attenuato.

Nelle opere degli Antichi Winckelmann riconosce come valori, oltre alla bellezza dei corpi, alla «nobile semplicità e quieta grandezza», anche il contorno e il drappeggio. Da ciò deriva il gusto neoclassico per i contorni ben definiti e per il disegno.

Poiché ancora poco si sapeva della pittura greca e, comunque, ciò che si conosceva dagli scavi di Ercolano, Pompei e Roma era "non greco", gli esempi da emulare per quel che concerneva la pittura erano indicati nelle opere di quei maestri che avevano operato nella Roma di papa Leone X, in particolar modo di Raffaello, il più "classico" fra gli artisti del Rinascimento.

Winckelmann approfondisce la sua concezione che bellezza nel 1762 nei Gedanken über die Schönheit und über den Geschmack in der Malerei (Pensieri sulla bellezza e sul gusto nella pittu ra) come: «[...] il pittore che vuol trovare il buono, ossia il miglior gusto, deve imparare a conoscerlo da questi quattro; cioè dagli antichi il gusto della bellezza, da Raffaello il gusto dell'espressione, da Correggio quello del piacevole e dell'armonia, e da Tiziano il gusto della verità, ossia il colorito».