OSTIA ANTICA

Visitare Ostia antica significa “rivivere una città antica romana”: significa avere la possibilità di capire davvero come apparisse e come si vivesse in una città romana. È incredibile che romani e turisti frequentino così poco questa incredibile area archeologica (o che, comunque, che l’affluenza non sia quella che merita!). Dopo Pompei ed Ercolano non esiste, di fatto, niente di così rappresentativo, importante e ben conservato! Ostia Antica è, in effetti, insieme a Pompei il sito archeologico più grande del pianeta con un'area di 150 ettari, e pensate che è stato riportato alla luce solo il 40% e, dunque, più della metà della città è ancora sepolta!

E non venite a dirmi che ciò è “giustificato” dal fatto che Roma sia troppo più importante rispetto ad Ostia! Questo è vero per quanto riguarda le architetture monumentali ma, se parliamo di case della gente normale, è esattamente l’opposto!

Forse non sapete che solo qui a Ostia (e non a Roma!) si può ammirare un’insula perfettamente conservata, ossia il palazzo con appartamenti, che a Roma non si è mai conservato, se si eccettua quella molto mutila e ‘rimaneggiata’ alle pendici del Campidoglio. Più in generale, solo qui ad Ostia – e non a Roma – abbiamo molte testimonianze e resti archeologici di abitazioni e botteghe appartenenti al ceto medio che a Roma non sono più visibili, a causa del fatto che la città ‘moderna’ le ha inglobate e/o ‘ricoperte’. Ma qui ad Ostia ci sono anche i complessi di appartamenti di livello un po’ più alto, sorte di ‘comprensori abitativi’ di medio-alto livello ed anche le domus, ossia le case più sontuose! Ma, in effetti, ciò che rende particolarmente bella ed emozionante Ostia sono le botteghe, i magazzini (fantastici!) e ci sono le…caupone, dette anche thermopolium! Sì, proprio come a Pompei! Inoltre, ci sono le terme, i templi e, persino un’interessantissima sinagoga!

Ed è importante sottolineare che Ostia permette di capire pienamente l’urbanistica e l’architettura di una città romana così come anche l’organizzazione sociale, i rapporti commerciali e l’attività quotidiana della popolazione! Una popolazione che, trovandoci lì, ci sembra sempre di vedere: operosa, vitale! La potemmo definire il ceto piccolo borghese ed operaio, che lì viveva; costituito principalmente da impiegati, commercianti e lavoratori. Solo con l’età tarda imperiale la città si caratterizzò soprattutto per la presenza dei ricchi e delle loro lussuose abitazioni.

E poi tutto è circondato, anzi fuso, dalla/con la magica natura della campagna romana, a due passi dal mare! I pini, gli altri splendidi alberi della macchia mediterranea….tutto ciò permette di vivere un’esperienza multisensoriale e permette di emozionarsi per la sinestesia di storia, architettura, natura, e di idealmente ‘incontrare’ di nuovo persone che vissero in così tanti secoli!

Storia di Ostia

STORIA DI OSTIA

Ostia fu fondata alla foce del Tevere (ostium = bocca di fiume, foce; da cui il nome) come posto di guardia in funzione di Roma, per il controllo della costa, delle saline e del traffico fluviale. Oggi, paradossalmente, qui il mare non c’è più! (e anche il Tevere è un po’ arretrato e non molto visibile/percepibile dall’area archeologica). Come probabilmente già sapete, con i secoli, i sedimenti e le piene del Tevere hanno allontanato la costa di ben 2/3 km! Il sito era situato vicino alle saline presenti presso la foce del fiume Tevere, che furono utilizzate probabilmente già dall'epoca protostorica, nell'età del bronzo media e recente.

Secondo la tradizione a fondare Ostia fu il re Anco Marzio, alla fine del VII secolo a.C. (circa 620 a.C.), in un’area che era precedentemente ‘posseduta’ (nell’VIII secolo a.C.) dall’insediamento di Ficana (l’odierno Monte Cugno, un po’ prima di Ostia e sempre a ridosso del Tevere). A proposito di questa tradizione, Ennio [Annales, 2.22.] riporta che fu Ostia fortificata e che vi fu creato un porto; Livio [Tito Livio, Periochae I, 33.], invece, riferisce la fondazione alla foce del Tevere in seguito all'estensione del dominio romano fino al mare, e la creazione delle saline nei pressi, Infine, Cicerone [De re publica, 2.3.5 e 2.18.33.] parla della fondazione di una colonia alla foce del Tevere.

Bisogna però subito chiarire che, ad oggi, nel sito scavato di Ostia antica, non esistono prove archeologiche che la confermino questa tradizione e questa fondazione così antica. È pertanto possibile che questo insediamento originario si trovasse in un altro sito oppure che questo debba essere ancora scoperto nelle parti non ancora scavate. In ogni caso, a prescindere da queste due ipotesi, secondo molti archeologi e storici, non è pensabile che questa zona così importante (la foce del Tevere) potesse essere sguarnita in un tempo in cui Roma, alla fine del VI secolo a.C., era già abbastanza forte sul mare da poter stringere un trattato commerciale di navigazione con Cartagine, allora al culmine della sua potenza.

E comunque gli scavi hanno riportato alla luce resti riferibili al VI-V secolo a.C.: frammenti di architetture, terrecotte architettoniche e decorazioni e vasellami e tracce di capanne. Ma, nonostante ciò, alcuni archeologi suppongono che questi ritrovamenti supportino solo la teoria della possibilità della presenza solo di un luogo di culto.

È certa, comunque, la frequentazione del sito già da tempi antichissimi, perché questa parte della riva sinistra del Tevere ebbe sempre un ruolo fondamentale nel commercio del sale. Infatti è qui che terminava la Via Salaria (che poi venne chiamata via Ostiensis, via Ostiense). Questa via, che conduceva alla foce del Tevere, era l’unica che permetteva di raggiungere le saline alla foce del fiume. Proprio la posizione strategica determinò, a partire dei secoli VIII e VII a.C., l’interesse dei romani.

Le battaglie dei romani contro i Latini e gli Etruschi devono essere, in effetti, interpretate come conseguenza della aspirazione romana di dominare ed estendere il proprio potere fino al mare. La tradizione letteraria riguardante la fondazione di Ostia nel VII secolo a.C. è probabilmente un riflesso della realtà storica.

La città attualmente visibile – che è anche la prima ‘archeologicamente provata’ – sorse come un accampamento fortificato (castrum) nel corso del IV secolo a.C. Fu la prima colonia di Roma ed era una cittadella fortificata rettangolare («castrum»), di 193 x 125 m di lato. Questo nucleo primitivo è tutt’ora riconoscibile al centro della città imperiale.

È stato ipotizzato che il castrum sia stato costruito dopo la conquista di Veio (396 a.C.), per il controllo sulla fascia costiera e/o  per le necessità di difesa costiera in seguito alle prime attività marittime romane. L’importante centro etrusco di Veio, sito a circa 15 km da Roma, fu molto potente e fu un fiero e duro nemico per Roma. Le sue rovine sono si trovano nei pressi della via Cassia. Oggi, paradossalmente, Veio è stato addirittura inglobato da Roma, dalla sua periferia.

Il castrum si impiantò al di sopra dell'incrocio tra un antichissimo percorso costiero e il tracciato che conduceva dalle saline della foce alla Sabina lungo la riva sinistra del Tevere (via Salaria), il cui tratto tra Roma e il mare divenne la via Ostiense, tracciata di nuovo probabilmente in contemporanea alla costruzione dell'accampamento. Questo incrocio sarà poi anche ricalcato nella successiva espansione della città dall'allineamento di via della Foce e del tratto meridionale del cardine massimo, obliquo rispetto al tracciato ortogonale interno al castrum, e più tardi tratto della via Severiana che segue la linea di costa e, passando da Portus-Fiumicino, giunge fino a Terracina.

Inizialmente, dal sec. II a.C, Ostia fu base navale della flotta sotto il controllo di un questore romano (nel 267 a.C., durante la prima guerra punica fu sede di uno dei quaestores classici, incaricati della flotta, che fu detto quaestor Ostiensis).

Già nel III sec. a.C. le fonti antiche ci parlano degli impianti portuali sul fiume, che si andranno sempre più ingrandendo ed attrezzando, per quanto lo permetteva la stretta fascia di ripa.

In seguito all'acquisita importanza per i commerci e l'approvvigionamento alimentare di Roma, nel corso del II secolo a.C., l’insediamento cominciò ad espandersi e da avamposto militare divenne principalmente centro commerciale. In quest’epoca iniziò dunque la costruzione di nuovi edifici al di fuori delle mura del castrum. Nell'87 a.C., durante la guerra civile tra Mario e Silla, Ostia fu saccheggiata da Gaio Mario e nel 69-68 a.C. fu presa dai pirati, che distrussero la flotta nel porto.

L’insediamento, che come abbiamo visto si era ingrandito oltre le antiche mura del castrum, ebbe nuove mura nel 63 d.C., costruite su incarico del Senato romano durante il consolato di Cicerone e concluse da Publio Clodio Pulcro, tribuno della plebe nel 58 a.C. In questo modo, vennero a trasformarsi in un organismo urbano i sobborghi della primitiva cittadella: le nuove mura racchiudevano ora un'area di 69 ettari.

Dal 1 a.C. le epigrafi attestano un ordinamento coloniale autonomo. In precedenza, invece, la città era stata sempre governata direttamente dai magistrati romani.

APPROFONDIMENTO

Lo scopo iniziale dell’insediamento di Ostia, costituito nel IV secolo a.C., era il controllo del fiume, della sua foce ma anche del percorso-tragitto lungo di esso. Ostia era considerata la prima colonia di Roma e contava intorno ai 300 abitanti. L’insediamento aveva forma rettangolare ed era cinto da mura in grandi blocchi di tufo di Fidene. Aveva, insomma, le tipiche caratteristiche dei castrum, ossia degli accampamenti romani e ciò rivelava e mostrava la sua funzione essenzialmente militare.

Nel 267 a.C. il porto della colonia divenne il quartier generale di uno dei comandanti della flotta romana (i quaestores classici), che aveva la funzione di comandare le operazioni militari più impegnative.

Ma, a partire dal 212 a.C., nel porto fluviale di Ostia si iniziarono a depositare i cereali per le strutture militari e, progressivamente, la funzione commerciale prevalse su quella militare. Ad esempio, i cittadini di Ostia furono esonerati, fino al 191 a.C., dal servizio militare così che essi potessero dedicarsi completamente alle attività portuali. E, dalla fine del II secolo a.C., il questore (quaestor) di Ostia aveva principalmente la funzione di importare il grano, il quale doveva essere poi ridistribuito a Roma.

D’altro canto, il porto di Miseno, in Campania, e quello di Ravenna sull’Adriatico, divennero più importanti dal punto di vista strategico.

Nell’87 a.C., durante la guerra civile, Ostia si schierò dalla parte di Silla e venne attaccata da Mario. La città fu difesa solo dalla cavalleria.

In effetti l’area abitata era cresciuta nel corso dei secoli ben oltre I limiti delle mura del castrum originario. Solo dopo questo attacco venne costruita una nuova struttura difensiva, di maggiori dimensioni e protetta da torri.

Nel 67 a.C. venne attaccata dai pirati orientali e, durante il secondo triumvirato (Ottaviano Augusto, Marco Antonio e Marco Emilio Lepido),  venne più volte attaccata da Sesto Pompeo, il quale venne poi sconfitto solo nel 36 a.C.

Verso la metà del I secolo a.C. Ostia acquisì maggiore autonomia dall’Urbe, liberandosi dallo stretto controllo tenuto ai tempi dal questore (quaestor), il quale risiedeva qui, e dai diversi magistrati urbani inviati qui direttamente da Roma. La nuova legislazione previde la creazione di un collegio di cento decurioni (decuriones), dotati di potere legislativo; due duoviri con funzioni giudiziarie, e due edili (aediles), responsabili dei mercati e dei servizi pubblici.

Ad essi vennero poi aggiunti, durante l’età imperiale, due questori locali, responsabili dell’erario (aerarium), cioè del tesoro cittadino, ossia l’erario.

La carica religiosa più importante era quella del pontifex Volcani, il quale supervisionava il culto del dio Vulcano, il protettore della colonia. Dopo la morte di Augusto, venne costituito anche l’ufficio del flamen Romae et Augusti, responsabile del culto dell’imperatore deificato.

 

L’ETA’ IMPERIALE

Con Augusto e i suoi successori la città fu dotata di un teatro (18-12 a.C.), di un primo foro e di un acquedotto.

La centralità commerciale del porto di Ostia portò gradualmente alla necessità di un nuovo bacino portuale/darsena: l’attracco sulla riva del fiume era divenuto insufficiente ed era facilmente tendente all’interramento; inoltre era dotato di un solo pontile. Per via di ciò, le imbarcazioni più grandi erano costrette a trasferire il loro carico su barche più piccole, le quali poi erano tirate a Roma da buoi. Il problema di portare scorte e derrate a Roma non poteva essere risolto nemmeno con l’ausilio del porto di Pozzuoli, il quale era troppo distante e difficile da raggiungere, soprattutto durante l’inverno.

Fu l’imperatore Claudio (41-54 d.C.) a commissionare la costruzione di una nuova grande struttura portuale, sfidando lo scetticismo di una parte del Senato. L’intenzione era quella di costruire un bacino a 3 chilometri dalla foce del Tevere, parzialmente scavato nella terraferma ma che pure si protendeva verso il mare aperto mediante due lunghi pontili dalla forma di ‘pinze’. Tra i pontili si costruì anche un grande faro, il quale venne eretto su una nave affondata, risalente all’età di Caligola (37-41 d.C.), che era stata costruita per trasportare l’obelisco egizio che fu collocato nel circo vaticano, ossia nei Giardini di Agrippina. Oggi, come è noto, si trova in Piazza San Pietro. Una serie di canali, scorrenti dal Tevere al mare, completavano il piano colossale.

Il nuovo bacino rivelò però ben presto la sua poca affidabilità e addirittura prima della sua inaugurazione, celebrata da Nerone nel 64 d.C. con la coniazione di monete commemorative. Nel 62 d.C. circa 200 navi furono distrutte o danneggiate da una tempesta e circa 100 navi, che cercavano riparo lungo il Tevere furono colpite da un incendio devastante.

Nel 44 d.C. l'imperatore Claudio sostituì l'antica carica dei questori ostiensi con un procurator annonae, procuratore dell'ordine equestre incaricato dell'approvvigionamento di grano, che dipendeva dal prefetto dell'annona.

Meno di 50 anni dopo l’imperatore Traiano (98-117 d.C.) fece costruire un nuovo bacino con un’innovativa forma esagonale, arretrato rispetto alla costa, confrontato con il porto di Claudio, il quale rimase probabilmente attivo quale rada. I resti dei due bacini sono ancora visibili all’interno delle tenute Torlonia a Fiumicino.

Allo stesso tempo di questa nuova costruzione, a Ostia venne istituito l’ufficio del procuratore dell’amministrazione degli approvvigionamenti. Alle attività portuali venne preposto un procuratore portus utriusque.

Ostia vide così potenziata la propria funzione di centro amministrativo e direzionale dei commerci (vennero allora ampliati gli «horrea»). Tutto ciò comportò una generale ristrutturazione urbanistica, attuata soprattutto sotto Adriano, che ricostruì i quartieri compresi tra il decumanus maximus e il porto fluviale (si raggiunsero forse allora i 50 000 abitanti).

Già prosperosa nei secoli precedenti, la città godette una fase di rinnovato splendore a partire dal 111 d.C., anno in cui si istituì l’ufficio del curatore degli edifici pubblici, con l’incarico mansione di supervisionare il rinnovamento dei grandi edifici. Fino all'età dei Severi la città godette largamente del favore imperiale ed era abitata mediamente da 100 000 persone.

La crisi del III secolo comportò il calo della popolazione e la scomparsa delle magistrature locali, mentre la città fu posta direttamente sotto l'autorità del prefetto dell'annona. Il centro delle attività economiche si spostò verso Porto, il nucleo sorto presso i bacini portuali.

Comunque, nonostante l’importanza progressivamente acquisita e guadagnata da Portus, il centro urbano cresciuto nei pressi del bacino traianeo (che poi diventerà Fiumicino), Ostia mantenne una posizione di prestigio con la corte imperiale.

Nel 309 d.C. Massenzio le dette una zecca, trasferendo qui quella di Cartagine (308/309) e ripristinò il servizio di direzione-amministrazione del cibo con l’Africa. Ma le cose cambiarono dopo la battaglia di Ponte Milvio: infatti, è innegabile che con Costantino, che aveva sconfitto Massenzio, Ostia declini un poco a favore di Portus, dato che tale imperatore concesse a quest’ultima città l’autonomia amministrativa e la dotò di grandi mura difensive (Ostia si era schierata con Massenzio). Inoltre, Costantino fece chiudere la zecca di Ostia (trasferendola ad Arelate) ma la città, comunque, sopravvisse egregiamente come centro residenziale di alti personaggi. Si ebbe un miglioramento dell'economia e una ripresa dell'attività costruttiva, spesso con reimpiego di materiale più antico (tipico dell’epoca, anche a Roma). A Porto si erano spostate le attività economiche, mentre Ostia si trasformò in un lussuoso centro residenziale, con le antiche aree produttive ormai abbandonate.

Costantino, comunque, fece anche un grande “regalo” ad Ostia. Il grande imperatore cristiano dotò Ostia della sua prima basilica cristiana. Da questo momento in poi, sarebbe stato il vescovo di Ostia a consacrare il nuovo papa sul trono romano.

Agli inizi del sec. V il braccio ostiense del Tevere non era più navigabile e larghe zone della città erano già abbandonate; gli ultimi restauri si ebbero nell'età di Teodorico. Alla fine del V secolo smise di funzionare l'acquedotto. Ostia, quindi, decadde! Nel 537, nel corso di un assedio dei Goti fu difesa dal generale bizantino Belisario e i pochi abitanti si asserragliarono nel teatro, trasformato in fortezza. Il declino della città era di fatto completo: il fatto che successivamente Ostia non venisse attaccata dai barbari, che invasero ed imperversarono per l’Italia durante il secolo, è la conferma della sua mancanza di importanza.

Saranno poi le incursioni saracene del IX secolo che spinsero i pochi abitanti rimasti ad abbandonare quest’area definitivamente per stabilirsi a est della città, dove sorse il centro di Gregoriopoli, chiamata sul nome di papa Gregorio IV (827-844). Fu quest’ultimo papa che fece costruire le mura intorno al villaggio/borgo che era già sorto almeno dal VII secolo intorno alla basilica dedicata a S. Aurea, eretta nel V secolo sulla tomba della martire cristiana che cadde vittima, insieme a san Ciriaco, delle persecuzioni del 269 d.C.

I saraceni, nelle loro citate scorribande, erano giunti addirittura fino a Roma, dove avevano saccheggiato la basilica di San Pietro. In seguito a ciò, venne organizzata una flotta per debellarli e la battaglia avvenne proprio ad Ostia, nel 848. I saraceni furono sconfitti.

Nel Medioevo le navi risalivano il Tevere per poi attraccare nel porto romano di Ripa Grande (Trastevere) ed acquistarono importanza Anzio e Civitavecchia. La campagna tra Roma ed il mare ridivenne paludosa e foreste di querce ospitarono in seguito le battute di caccia dei nobili e dei papi.

Il porto dei pescatori di Fiumicino si sviluppò nel Settecento e la bonifica completa della Campagna Romana  venne avviata nel 1884 e poi conclusa negli anni Trenta del Novecento.

Le rovine della città abbandonata di Ostia furono in seguito sfruttate come cave di marmi antichi per tutto il medioevo. La torre fortificata rotonda ed il castello, che sono visibili ancora oggi, furono erette nel Quattrocento prima da papa Martino V e poi dal cardinale Giuliano della Rovere (il futuro papa Giulio II), i quali vollero che ad Ostia tornasse il suo ruolo di controllo militare alla foce del Tevere per proteggere l’accesso a Roma via fiume.

Il progressivo allontanamento della costa per l'insabbiamento del fiume (attualmente è avanzata di c. 2 km rispetto alla linea di spiaggia antica) e, da ultimo, la piena del 1557, che tagliò fuori l'ansa del Tevere detta poi «fiume morto», ne causarono la decadenza definitiva. Oggi, castello e antica città risultano lontanissimi dal mare ed immersi…nella campagna!

I primi scavi regolari di Ostia furono effettuati sotto Pio VII, per impulso di Carlo Fea (1802-1804), e sotto Pio IX, a opera di Pietro Ercole e Carlo Ludovico Visconti (1855-70). Dopo l'Unità, ricerche sistematiche furono intraprese solo nel 1907 da Dante Vaglieri, che mise in luce i quartieri a nord del decumanus da porta Romana alla caserma dei «Vigiles», e proseguite soprattutto da Guido Calza, che in vista dell'Esposizione universale del 1942 scavò in quattro anni un'area pari a quella scoperta fino ad allora; la zona visitabile raggiunse così l'estensione di 34 ettari, a fronte dei probabili 50 effettiva mente edificati in antico.

Nel dopoguerra si è proceduto in particolare a restauri (i più importanti sono di Italo Gismondi) e a sistemazioni, oltre che a limitati interventi di scavo.

Molino del Silvano

Il molino del Silvano è uno dei monumenti più noti di Ostia. E ciò pur non essendo un edificio monumentale né rilevante dal punto di vista artistico. Il fatto è che esso "ci parla, ci racconta" la storia...la "piccola storia" che, però, è illuminante per capire davvero la vita quotidiana della Roma antica. Del resto, ciò è in linea con Ostia che è davvero fantastica per comprendere la vita "borghese" della Roma antica: cosa che raramente si può fare a Roma.

Il Molino del Silvano è un grande mulino e panificio di carattere quasi industriale per le sue dimensioni: l’edificio, eretto in mattoni, con il pavimento in basolato negli ambienti destinati a mulino, nei quali le macine erano girate da muli, è uno dei luoghi in cui possiamo meglio comprendere la vita quotidiana di Ostia: una città viva, legata al commercio e all’arrivo dei grandi carichi di grano provenienti dall’Egitto e dall’Africa Settentrionale e diretti principalmente a Roma. 

Qui si ricavava sia la farina, direttamente dai sacchi di grano che avevano solcato il Mediterraneo ed erano sbarcati a Portus, sia si produceva il pane, in grandi quantità nel grande forno che si conserva all’interno dell’edificio.

E' importante sottolineare che esso si trova in un punto strategico della città: nell’area centrale, abbastanza vicino al Foro, di fronte ai Grandi Horrea, un grandissimo complesso destinato allo stoccaggio delle merci, del grano in particolare, posto molto vicino al Tevere.

Va detto che, rispetto all’età romana, il corso del Tevere si è molto modificato, allontanandosi da Ostia antica, pertanto oggi è difficile percepire il profondo legame che la città aveva con il fiume.

Ma questo luogo non ha finito di sorprendere ed emozionare: usciti dall'edificio, lungo le murature che danno su via dei Molini, potrete ammirare in alto una lastra di terracotta con un rilievo molto particolare: raffigura una figura maschile con le gambe avvolte in un panneggio, che nella mano sinistra regge una cornucopia, mentre nella destra tiene una patera, ovvero un recipiente per le offerte votive, e un serpente.

La figura rappresenta il Genius Loci, la divinità tutelare di quel luogo. La terracotta aveva dunque una funzione beneaugurante e di protezione contro le avversità.

Caseggiato del Sole


Prende il nome da un graffito presente su una porzione di intonaco rosso in uno degli ambienti del complesso. Su esso era inciso Dominus Sol hic avitat (il Signore Sole abita qui: il verbo avitat sta per habitat). Il riferimento dovrebbe essere al dio Sole - Mitra e la vicinanza con il Mitreo dei Serpenti, adiacente al Caseggiato, potrebbe confermare questa ipotesi.
L'edificio sorge sul Decumano Massimo ed  è un edificio a pianta rettangolare allungata, costituito da due stecche di ambienti: quelli occidentali, che affacciano su Via del Sole, sono botteghe, mentre alcuni degli ambienti interni hanno restituito pareti affrescate). Il complesso si data all'incirca all'epoca dell'imperatore Commodo, dunque verso la fine del II secolo d.C.

Terme dei Cisiarii

Le Terme dei Cisiarii devono il nome proprio ai carri guidati dai Cisiarii, raffigurati sul grande pavimento a mosaico.

In esso possiamo vederne quattro, sui quattro lati, intorno a una cinta muraria che raffigura una città ideale. 4 carri sono condotti da muli. Ma chi erano i Cisiarii? Beh, come si vede erano i conducenti di carro ed avevano anche la loro corporazione! Essa aveva sede proprio qui nei pressi; appena varcata la Porta Romana attraverso la quale si entrava in città provenendo da Roma lungo la via Ostiense.

Sul lato nord del mosaico è raffigurato un uomo vestito con una corta tunica che tiene in mano una frusta: egli è il battistrada o un guidatore del carro che segue. Esso è un carretto di piccole dimensioni, su 4 ruote, trainato da una coppia di muli; su di esso viaggiano un personaggio seduto davanti, che deve essere identificato col conducente del carro, in quanto regge le redini con una mano e alza la frusta con l'altra; dietro sulla panca, siedono due viaggiatori, anch'essi vestiti con una corta tunica. Il secondo viaggiatore è rivolto all'indietro. I muli sono rappresentati belli e pieni di vita! In effetti, si nota subito che tutta la raffigurazione è vivace e ricca di dettagli!

Piazzale delle Corporazioni

il Piazzale delle Corporazioni era il luogo in cui convergevano mercanti, armatori di navi e altre figure professionali legate al commercio provenienti da ogni parte del Mediterraneo.

 

IL MOSAICO CON LA NAVE CHE VIENE DA PORTO TORRES

Uno dei mosaici, nella Statio 19, si riferisce alla sede dei Navicularii Turritani, ovvero dagli armatori di navi di Turris Libisonis, oggi Porto Torres (ancora oggi importante porto sardo).
Il mosaico raffigura una nave che solca il mare. Le linee curve suggeriscono un mare non proprio calmo. Va notato che la nave è racchiusa entro una cornice nera: essa è stata interpretata come una finestra: la nave potrebbe essere osservata, in questo caso, da una finestra di un faro dal quale si vede la nave in navigazione.

 

MOSAICO DEI NAVICULARI ET NEGOTIATORES KARALITANI (CAGLIARITANI)

Nel Piazzale delle Corporazioni c'era anche la sede de i Navicularii e Negotiantes Karalitani. Erano gli armatori di navi e mercanti provenienti da Cagliari e la loro sede sorgeva non lontano dalla quella degli altri armatori di navi provenienti dalla Sardegna, ossia Turris Libisonis, ovvero Porto Torres.
Sul pavimento a mosaico si può ancora oggi ammirare una grande nave raffigurata, come come spesso avviene a Ostia, con molti interessanti (e illuminanti, istruttivi) particolari! Si notino le particolarità dei timoni, dello scafo, dell'albero maestro e  delle vele. Da notare poi anche e soprattutto che una  lato e dall'altro della nave si trovano due moggi di grano, ovvero due contenitori cilindrici utilizzati per misurare il grano.
Karalis era il capoluogo della provincia Sardinia et Corsica. La Sardegna era un'importante produttrice di grano che importava a Roma: a questo si deve la raffigurazione dei due moggi ai lati della nave.

 

LA PULIZIA ORDINARIA E REGOLARE DEI MOSAICI PER PRESERVARE LA LORO BELLEZZA

Piazzale delle Corporazioni è impreziosito dalla bellezza di circa 1000mq di mosaici. Le magnifiche rovine archeologiche del Piazzale, dei portici e del teatro, i suddetti mosaici e la magnifica natura della campagna Romana creano un atmosfera meravigliosa. E sono soprattutto i pini a catturare l'occhio e l'anima! Eppure quei pini possono essere molto dannosi! Non solo le radici ma soprattutto La loro resina può creare problemi! Ad esempio possono ingiallire e creare altri problemi ai mosaici. Le secrezioni dei pini possono essere davvero dannose. Ma non si credi che ci sia bisogno di effettuare chissà quali interventi costosi ed elaborati! Per evitare che questo strato diventi sempre più consistente e tenace, è sostanzialmente sufficiente rimuoverlo spesso con acqua e con l'uso di spazzole e scope. Un tipo di intervento così semplice e ripetuto più volte è fondamentale per evitare interventi di restauro molto più invasivi ed onerosi nel tempo. Questo è del resto il segreto della conservazione dei Beni culturali: e lo introdusse soprattutto Urbani! Più che l'intervento di restauro è fondamentale la prevenzione e la pianificazione! Anche in questo l'Italia è sempre stata all'avanguardia!

I Saccarii

Il saccarius era il facchino, lo scaricatore di porto. La loro presenza ed il loro buon lavoro efficente era fondamentale per il buon funzionamento dei porti di Roma. Non si trattava semplicemente di scaricare e trasportare e carichi, anfore o sacchi di grano, ma di curare la logistica e il buon funzionamento del porto stesso.
I Saccarii avevano un proprio ufficio di corporazione nel Piazzale delle Corporazioni di Ostia: un mosaico li ancora esistente li raffigura al lavoro.

Casa di Diana

La Casa di Diana è una delle insulae meglio conservate di Ostia antica, attraverso la quale si è potuto capire come erano realizzati gli edifici residenziali plurifamiliari e su più piani nell'età imperiale. E pensare che a Roma, di fatto, le insulae non si sono conservate (a parte poche eccezioni malconservate): quindi, per apprezzarle davvero, bisogna venire a Ostia!
L'edificio affaccia su via della Casa di Diana e, come spesso avveniva, aveva una serie di botteghe al piano terreno. Aveva un ingresso abbastanza stretto: esso immetteva nell'edificio che si sviluppava su più piani intorno a un piccolo cortile centrale nel quale si trovava una grande fontana.
In due piccole stanze nell'angolo nordorientale del caseggiato, al piano terra, in epoca tarda fu ricavato un piccolo mitreo, luogo di culto dedicato al dio Mitra, culto a carattere iniziatico che a Ostia era piuttosto diffuso, come dimostrano i numerosi mitrei rinvenuti.
Quello all'interno della Casa di Diana è piuttosto buio, il fulcro era un'edicola posta contro la parete di fondo sotto la quale era posto un altare di reimpiego, ovvero proveniente da un altro luogo di culto. L'edicola conserva nella volta tracce di intonaco azzurro, mentre le due semicolonnine in stucco che la sorreggono poggiano su due mensole in marmo, anch'esse reimpiegate.

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La Casa di Diana è una delle insulae meglio conservate di Ostia antica. Ma cos'è un insula? Facile: è l'equivalente dei nostri palazzi per appartamenti! Di fatto un'invenzione romana...dovuta alla caratteristica pressoché unica dell'antichità.. di Roma di essere una vera e propria metropoli, l'unica città antica che sia effettivamente e del tutto analoga a quelle nostre contemporanee. Non tutti sanno che ,grazie a questa io nsula di Ostia è stato possibile capire come erano realizzati gli edifici residenziali plurifamiliari e su più piani nell'età imperiale. Ostia è in generale una miniera d'oro preziosissima per capire queste cose e soprattutto ed in generale per ricostruire la vita delle classi medie (che a Roma non sono molto più 'raporesentate', essendosi perso quasi tutto ed essendosi conservato bene solo resti di abitazioni signorili.
L'edificio affacciava su via della Casa di Diana dove era caratterizzato dalla presenza di una serie di botteghe. un ingresso abbastanza stretto permetteva l'accesso all'edificio che si sviluppava su più piani intorno a un piccolo cortile centrale dotata di una grande fontana.
In due piccole stanze nell'angolo nordorientale del caseggiato, al piano terra, in epoca tarda fu ricavato un piccolo mitreo, luogo di culto dedicato al dio Mitra, culto a carattere iniziatico che a Ostia era piuttosto diffuso, come dimostrano i numerosi mitrei rinvenuti.
Quello all'interno della Casa di Diana è piuttosto buio, il fulcro era un'edicola posta contro la parete di fondo sotto la quale era posto un altare di reimpiego, ovvero proveniente da un altro luogo di culto. L'edicola conserva nella volta tracce di intonaco azzurro, mentre le due semicolonnine in stucco che la sorreggono poggiano su due mensole in marmo, anch'esse reimpiegate.

Thermopolium di Via della Casa di Diana

Una delle attrazioni più celebri ed imperdibili di Ostia: Il Thermopolio di via della Casa di Diana! Ossia un bar-rosticceria-fast food! Il nome thermopolium è, in realtà, improprio, dato che è un nome moderno che gli antichi romani non usavano. I romani infatti lo chiamavano "popina".
Imperdibile è il bancone in marmo decorato con affreschi che riproducono alcune delle pietanze che facevano parte del menù. In realtà, non tutti gli studiosi sono certi su ciò.
Ma altre pitture decoravano la popina: ad esempio, anche gli stipiti dei due ingressi del Thermopolio, uno sull'ingresso col bancone, l'altro sull'ingresso che dà sulla cucina: quest'ultimo raffigura un volto maschile con in testa una corona d'alloro e una decorazione vegetale in cui si distingue un lungo stelo, foglie lanceolate verdi e fiorellini rossi.

Sinagoga

Dato che Ostia era una città portuale e cosmopolita, essa era dotata di una sinagoga. La comunità ebraica era importante.

Gli ambienti di servizio annessi all'edificio di culto sono pavimentati con mosaici a tessere bianche e nere a decorazione geometrica. I motivi decorativi sono molti e spicca quello cosiddetto "nodo di Salomone". Avrà molto successo anche per tutto il medioevo nelle chiese cristiane.

La Domus del protiro

Questa splendida Domus sorge lungo la Semita dei Cippi, ossia la via che dal Decumano Massimo si dirige verso Porta Laurentina. È la prosecuzione della via dei Molini.

Questa ricca domus prende il nome dall'elegante ingresso, inquadrato da due colonne in marmo ornate da capitelli corinzi, e da un frontone in marmo sul quale era iscritto il nome dei proprietari, già cancellato nell'antichità.

La sua corte centrale è caratterizzata dalla presenza di un ninfeo rivolto verso la sala principale della casa, esattamente di fronte all'ingresso e in asse con esso, che aveva due colonne sui lati dell'entrata e il pavimento in lastre marmoree.

La domus risale al III secolo d.C.