Legislazione di tutela dei beni culturali di Roma: il Chirografo di papa Pio VII

Il Chirografo di Pio VII Chiaramonti del primo ottobre 1802 sulla protezione delle antichità di Roma fu seguito da un ulteriore regolamento, l'Editto del cardinale Bartolomeo Pacca del 7 aprile 1820. Il testo del chirografo fu preparato dal sacerdote, avvocato Carlo Fea (1753-1836), Commissario alle antichità, ispirato dalla Lettera a Leone X che, appena nel 1799, l'abate Daniele Francesconi aveva giustamente attribuito a Raffaello (il testo era noto dal 1733 come opera di Baldassarre Castiglione). Il chirografo, dal greco cheir, mano e graphein, scrivere significa letteralmente "manoscritto". Si tratta quindi di un documento scritto a mano dallo stesso papa.
"La conservazione dei monumenti e delle produzioni delle Belle Arti, che ad onta dell'edacità (voracità) del tempo sono a noi pervenute, è stata sempre considerata dai Nostri Predecessori per uno di quegli oggetti i più interessanti ed i più meritevoli delle loro impegnate providenze. Questi preziosi avanzi della culta antichità forniscono alla città di Roma un ornamento che la distingue tra tutte le altre più insigni città dell'Europa, somministrano i soggetti li più importanti alle meditazioni degli eruditi ed i modelli e gli esemplari i più pregiati agli artisti per sollevare li loro ingegni alle idee del bello e del sublime, chiamano a questa città il concorso dei forastieri, attratti dal piacere di osservare queste singolari rarità; alimentano una grande quantità d'individui impiegati nell'esercizio delle Belle Arti e, finalmente, nelle nuove produzioni che sortono dalle loro mani, animano un ramo di commercio e d'industria più d'ogni altro utile al pubblico ed allo Stato, perché interamente attivo e di semplice produzione, come quello che tutto è dovuto alla mano ed all'ingegno dell'uomo. Nel vortice delle passate vicende, immensi sono stati li danni che questa nostra dilettissima città ha sofferti nella perdita dei più rari monumenti e delle più illustri opere dell'antichità. Lungi, però, dall'illanguidirsi per questo, si è, anzi, maggiormente impegnata la Paterna Nostra sollecitudine a procurare tutti i mezzi, sia per impedire che alle perdite soferte nuove se ne aggiungano, sia per riparare con il discuoprimento di nuovi monumenti alla mancanza di quelli che sonosi perduti. Sono state queste le riflessioni che dappresso all'illustre esempio, che la Santa Memoria di Leone X diede nella persona del gran Raffaello d'Urbino, ci hanno recentemente determinati ad eleggere l'incomparabile scultore Canova, emolo dei Fidia e dei Prassiteli, come quello lo fu degli Apelli e dei Zeusi, in Ispettore generale di tutte le Belle Arti e di tutto ciò che alle medesime appartiene; ed a lui, durante la sua vita, abbiamo conferite, colla sola dipendenza da Voi, le più estese e superiori facoltà per invigilare sopratutto quello che può influire al mantenimento ed alla felice propagazione delle arti del disegno e di quelli che le professano. Queste stesse riflessioni, facendoci sempre più conoscere di quanto interesse sia per i vantaggi dei nostri amatissimi sudditi, per il pubblico bene, unico scopo delle incessanti Nostre sollecitudini, e per il decoro e per la celebrità di questa Nostra metropoli il procurare tutti i mezzi onde conservare ed accrescere, a comune istruzione, i monumenti dell'antichità ed i bei modelli delle arti ed animare insieme i benemeriti cultori delle medesime, hanno richiamata la Nostra attenzione a rinnovare le antiche ed aggiungere nuove, energiche ed efficaci providenze dirette a questi interessantissimi oggetti.[...] Ordiniamo e prescriviamo ciò che siegue.
1. In primo luogo vogliamo che sia affatto proibita da Roma e dallo Stato l'estrazione di qualunque statua, bassorilievo o altro simile lavoro rappresentante figure umane o di animali, in marmo, in bronzo, in avorio ed in qualunque altra materia ed altresì di pitture antiche, greche e romane, o segate o levate dai muri; mosaici, vasi detti etruschi, vetri ed altre opere colorite ed anche di qualunque opera d'intaglio, vasi antichi, gemme e pietre incise, camei, medaglie, piombi, bronzi e, generalmente, di tutti quelli lavori, o di grande o di piccolo modello, che sono conosciuti sotto il nome di antichità, pubbliche o private, sacre o profane, niuna eccettuata, ancorché si trattasse di semplici rammenti da' quali ancora grandi lumi ricevono le arti e gli artisti; ed eziandio di qualunque antico monumento, cioè di lapidi o iscrizioni, cippi, urne, candelabri, lampadi, sarcofagi, olle cinerarie ed altre cose antiche di similgenere e di qualunque materia siano composte, comprese le semplici figuline (oggetti prodotti dal vasaio). Questa proibizione vogliamo che si estenda ancora alle opere asportabili di architettura, cioè colonne, capitelli, basi, architravi, fregi, cornici intagliate ed altri ornamenti qualsivogliano di antiche fabbriche [...].

2. La stessa generale proibizione di estrarre vogliamo che si estenda anche alle pitture in tavola o in tela, le quali o sieno opere di autori classici che hanno fiorito dopo il risorgimento delle arti, o interessino le arti stesse, le scuole, la erudizione o, in fine, per altre ragioni siansi rese celebri [...].

7. Collimando sempre allo stesso oggetto della conservazione delle preziose memorie dell'antichità, proibiamo a chiunque di mutilare, spezzare o in altra guisa alterare e guastare le statue, bassirilievi, cippi, lapidi o altri antichi monumenti [...].

8. Rinnovando la costituzione della santa memoria di Pio II Cum Almam Nostram Urbem del 1462 (Cum Almam Nostram Urbem: bolla emessa da Pio II Piccolomini il 28 aprile 1462 che vietava, pena la scomunica, il carcere e la confisca, di rovinare, diminuire, demolire o distruggere gli antichi ruderi e i monumenti), proibiamo sotto le stesse pene a chiunque di demolire o in tutto o in parte qualunque avanzo di antichi edifici o dentro o fuori di Roma [...]. Inculcherete poi seriamente in Nostro nome [...] d'invigilare tanto per la osservanza questa nostra prescrizione, quanto perché siano le antiche fabriche ristaurate, ripulite nelle occorrenze e conservate colla maggiore esattezza.
9. Richiamando del pari al suo pieno vigore l'altra costituzione della santa memoria di Sisto IV, Nostro predecessore, che comincia Quum provida' dell'anno 1474 (Cum provida Sanctorum Patrum decreta: bolla emessa nel 1474 da Sisto IV della Rovere, che proibiva le vendite delle opere d'arte esistenti nelle chiese.) [...] proibiamo di togliere dalle chiese publiche e fabriche annesse, compresi anche i semplici oratori, marmi antichi scolpiti o lisci di qualunque sorte, iscrizioni, mosaici, urne, terrecotte ed altri ornamenti o monumenti di qualunque specie esposti alla pubblica vista o ascosi e sepolti [...].

11. Acciò poi le Nostre providenze non restino deluse o defraudate, ordiniamo che tutti i privati che hanno gallerie di statue e di pitture, musei di antichità sacre o profane, o semplici raccolte dell'uno e dell'altro genere, ed anche quelli che senza avere gallerie o musei o raccolte hanno attualmente presso di loro uno o più oggetti antichi o in altro modo pregievoli di arte, particolarmente in genere di scultura o di pittura, in Roma e in tutto Stato, debbano dare un'esatta assegna (rassegna, descrizione), distinguendo ciascun pezzo, dentro il termine di un mese in Roma negli atti di uno de' segretari della Nostra Camera (Camera Apostolica: l'organo finanziario dello stato pontificio)[...].

12. Niuno che accomoderà strade pubbliche o vicinali, sia in città sia in campagna, ardirà sotto le pene comminate ai devastatori dei publici monumenti, di demolire gli edifizi antichi vicini per toglierne i materiali [...].

13. Chiunque, sia padrone sia lavorante, che nel cavare i fondamenti delle case o fare scassati o altri lavori nelli terreni troverà cose antiche asportabili, sarà tenuto darne subito la denuncia in Roma [...).

17. Mentre per Noi raccomandiamo con il maggior fervore del Nostro spirito alla Vostra vigilanza l'adempimento di queste Nostre disposizioni, non lasciamo di occuparci seriamente, per quanto le circostanze dei tempi e le forze del Nostro Erario lo permettono, a rinvenire tutti i mezzi onde riparare coll'acquisto di nuovi oggetti preziosi alle perdite sofferte nei publici musei [...]. Nello stesso tempo, e per la stessa causa, proporzionando l'importanza dell'oggetto alle scarse forze del Nostro Erario, abbiamo destinata la somma annua di piastre diecimila per l'acquisto delle cose interessanti in aumento dei Nostri musei, sicuri che la spesa diretta al fine di promovere le Belle Arti è largamente compensata dagl'immensi vantaggi che ne ritraggono i sudditi e lo Stato [...] e non può essere da quella dell'Erario disgiunta; ed animati ancora dalla giusta considerazione di aprire un esito ai possessori ed ai raccoglitori di cose antiche delle quali l'estrazione è affatto proibita. Maggiore poi è anche il Nostro impegno d'incoraggiare quei che professano le Belle Arti con premi e con onori proporzionati al loro merito e di agevolare loro tutte le strade per giungere alla perfezione nell'esercizio della loro nobile professione, la quale, nell'unire l'utile al dilettevole, forma l'ornamento della nostra città, l'ammirazione di quei che vi concorrono ed il vantaggio di moltissimi Nostri sudditi che vi si occupano".