Villa di Sette Bassi

Villa di Sette Bassi sorge tra le odierne via Tuscolana e via delle Capannelle, nei pressi del capolinea e deposito della metropolitana linea A. L’ingresso è da via Tuscolana 1700 ma ha anche accessi minori da via delle Capannelle.

Anticamente la villa sorgeva al V-VI miglio della via Latina. Questa via oggi esiste solo nel suo tratto iniziale, fuori le Mura Aureliane ma poi sparisce sotto terra per emergere poi saltuariamente nel suburbio, ad esempio nel Parco degli Acquedotti, non lontano da qui. La via Tuscolana – che passa nei pressi della villa –  è medievale ma potrebbe forse ricalcare un più antico tracciato.

Era una villa enorme, importantissima, la più grande del suburbio dopo quella dei Quintili. Aveva degli alzati monumentali ed è tra le poche ad aver conservato la planimetria originaria. Era una villa suburbana della tipologia dotata di giardino-ippodromo, ossia di un grande spazio verde in cui era possibile, tra le altre cose, cavalcare o camminare a lungo.

Importante sottolineare che, mentre le altre ville del suburbio vennero abbandonate nella tarda antichità (anche la Villa dei Quintili), questa invece continuò ad essere abitata ed abbiamo prove che vi si costruì e vi la si utilizzò per motivi residenziali ancora nel IV secolo. Solo nel VI secolo, quando i Goti si stabilirono all’odierno “Campo Barbarico” (Torre del Fiscale), non molto distante da qui, la villa venne abbandonata.

Non c'è accordo tra gli studiosi sull'origine del toponimo 'Sette Bassi'. Non sappiamo a chi appartenesse la villa anche se, generalmente, la si attribuisce a Settimio Basso, Prefetto di Roma al tempo di Settimio Severo (193-211 d.C.).

Alcuni studiosi hanno avanzato addirittura l’ipotesi che potesse appartenere all’imperatore Caracalla (si chiamava Lucius Septimius Bassianus e sembra che avesse unito in unico grande fondo le ville del suburbio): ma qui niente ci parla di lui! Qui tutto ci parla soprattutto di IV secolo d.C., quando la villa (contrariamente a quello che avvenne nelle altre ville suburbane, abbandonate) venne potenziata e ristrutturata.

Per via delle sue dimensioni estesissime, era chiamata in passato “Roma vecchia”, in quanto poteva sembrare una città. Vedremo in seguito come ciò fu deleterio perché anche la Villa dei Quintili ed altre nel circondario erano definite con questo nome generico e, pertanto, le statue ritrovate in questo territorio furono tutte definite “ritrovate a Roma vecchia”. Rendendo così impossibile stabilire in seguito la loro provenienza.

Gavin Hamilton fu il primo studioso che per primo effettuò scavi ai Sette Bassi; in seguito la villa fu studiata anche da Thomas Ashby ma gli studi migliori li fece l’architetto Nicolae Lupu: essi furono decisivi per la migliore comprensione della villa e delle sue planimetrie. Grazie a lui fu possibile realizzare il plastico della Villa per la Mostra Augustea della Romanità (1937-1938), oggi in mostra al Museo della civiltà romana all’Eur.

La villa, purtroppo, non è così ben conservata come le altre celebri del suburbio romano e, di fatto, è stata non accessibile fino ad oggi ma è assolutamente paritetica a quella dei Quintili. La villa fu purtroppo coinvolta e danneggiata dal bombardamento britannico di Cinecittà del 1944.

La zona viene chiamata “Sette Bassi” già nei documenti del IX-X secolo. E si tratta nientemeno che di documenti che fanno riferimento alla Donazione di Costantino (che è però, ovviamente, un ‘falso’ prodotto pochi anni prima – intorno al 780d.C. – e non nel IV secolo): tra i terreni donati alla basilica del Salvatore (San Giovanni in Laterano) ci sono anche questi terreni dove sorgeva la nostra villa antica.

Altri documenti risalgono al Quattrocento e fanno riferimento ad una cava di breccia, che era di proprietà della Santa Sede (i terreni in quell’epoca appartengono ancora alla Chiesa).

 

Purtroppo oggi nella villa non sono presenti statue preziose…perché questa zona (ed anche altre limitrofe), come già accennato in precedenza, fu scavata da Gavin Hamilton. Egli cercava statue ed altri tesori da vendere e/o regalare ad amici. Le opere trovate vennero pertanto trasferite in tutta Europa. Purtroppo i reperti vennero semplicemente catalogati come scoperti a “Roma vecchia”, che era un nome generico per le grandi ville del suburbio e soprattutto di questa zona: dunque, oggi non è possibile stabilire se le statue conservate nei grandi musei europei ed in collezioni private provengano dalla nostra villa (e/o dalle altre del suburbio romano).

Comunque ai Sette Bassi si conservano in situ bei mosaici. Furono scoperti in passato ma poi subito coperti per garantire una loro migliore conservazione e perché non c’erano comunque fondi sufficienti per scavare al meglio e per garantirne la loro migliore conservazione. A tal proposito, solo in epoca attuale stanno giungendo fondi per continuare gli scavi qui e rendere pienamente fruibile la villa. Fondi finora sono stati quelli del PNRR.

 

Un meraviglioso viale con cipressi conduce dalla via Tuscolana all’edificio di accoglienza. Questo edificio era originariamente un casale dei mezzadri e risale al 1911. Sì, perché questa zona (così come tutta la macro-zona circostante, per moltissimi ettari, apparteneva ad un gigantesco fondo di proprietà della famiglia Torlonia. Esso giungeva fino alla Villa dei Quintili ed, infatti, il casolare dei Sette Bassi è assolutamente identico a quello della Villa dei Quintili e le due strutture avevano, ovviamente, la stessa funzione: casale per i mezzadri, con annessa stalla ed altre strutture di supporto. I Torlonia usavano questi fondi, oltre che per le coltivazioni, anche e soprattutto per celebri battute di caccia; soprattutto caccia alla volpe.

 

Villa dei Sette Bassi era una villa a padiglioni. Proprio come Villa Adriana, aveva varie strutture – tangenti ma staccate – disposte in luoghi diversi ed armonicamente inseriti nel paesaggio, sfruttando la conformazione del terreno e delle alture. Questi corpi architettonici si trovavano sui lati del giardino-ippodromo ma non lo recingevano del tutto: i tre corpi principali erano corpi architettonici volumetrici sapientemente collocati all’interno di rigogliosi giardini. Tutt’intorno sorgevano molte altre strutture minori e di supporto: appartenevano alla parte rustica, produttiva del fondo.

Pur trovandosi in una zona abbastanza pianeggiante, la villa sorgeva in un punto leggermente rialzato (soprattutto il corpo A) ed aveva magnifica vista sulla valle latina e sugli acquedotti.

Ma si aveva anche vista panoramica sui Colli Albani: ai tempi la vista era ovviamente più ampia, dato che non era ostruita dagli edifici moderni che ci sono oggi.

Si accedeva alla villa da un diverticolo della via Latina (un piccolo tratto di esso è stato recentemente scoperto nei pressi della villa). Ovviamente, nell’antichità non esisteva la via Tuscolana (che è una creazione medievale; ma forse essa ricalca in parte una piccola via minore già esistente nell’antichità?): dunque, anche se oggi l’accesso principale della villa è dalla Tuscolana, così non era nell’antichità.

I vari corpi nascono in tempi diversi ma a pochi anni di distanza. La costruzione iniziò ai tempi dell’imperatore Antonio Pio (138-161) e, proprio come a Villa Adriana, si nota il tentativo di superare il rigorismo e lo schematismo delle planimetrie tradizionali per le ville romane e le abitazioni e si tentano nuove e più mosse soluzioni spaziali. E c’è soprattutto la notevole presenza del giardino-ippodromo. Nonostante i crolli – il più catastrofico avvenne nel 1951 – la villa è davvero imponente e si capisce ancora oggi immediatamente la sua grandiosità di un tempo…e di oggi! 

Dato che le tre fasi edilizie, che corrispondono ai tre corpi principali, si susseguirono a pochi anni di distanza, alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che la villa fosse stata già progettata sin dall’inizio con questa planimetria. Ma è anche possibile che tale planimetria complessiva-finale sia arrivata solo al termine di una serie di progetti diversi, susseguitesi nel tempo da diversi proprietari e/o architetti. Non possiamo saperlo.

Altra considerazione importante da fare riguarda il terzo ed ultimo corpo della villa, detto corpo C: i suoi laterizi ed i suoi materiali sono tutti di II secolo come il resto della villa – e pertanto sono quasi sempre stati considerati sostanzialmente della stessa epoca degli altri due corpi. Ma, per via dello stile e di come i laterizi siano combinati con altre pietre (tufi, tufi neri; opera listata) è stato proposto che questo corpo C possa essere di IV secolo, l’epoca dei grandi rinnovamenti nella villa. Mentre il corpo A era residenziale, quelli B e C erano probabilmente di rappresentanza ed erano anche dotati di impianti termali.

 

Corpo A

Il corpo A è interamente costruito in laterizi ed era, con ogni evidenza, l’edificio propriamente residenziale. Ha, infatti, più ambienti e di piccole dimensioni. Ha pianta approssimativamente quadrata - di 50m di lato - ed aveva al centro un ambiente centrale (che era probabilmente in origine scoperto). Di fronte, verso il centro di Roma, si apriva un peristilio-giardino. Di fronte a questo ambiente centrale ce n’era un altro di notevoli dimensioni (questi due erano gli unici grandi ambienti del corpo A; tutti gli altri ambienti, tutt’intorno erano piccoli), che ancora oggi possiede un alto muro, unico lacerto rimasto a sollevarsi in notevole altezza: ci fa capire quanto fosse imponente e grandiosa questa villa. Tale muro è alto oltre 10 metri ed apparteneva probabilmente all’oecus, la grande sala di soggiorno. C’è una sala con impianto di riscaldamento (ipocausto).

Grande sala con nicchia rettangolare e sala con resti dell’impianto di riscaldamento. Scavi recenti dietro al muro di 10 metri hanno rivelato, 5 metri in profondità, la presenza di balnea (impianto termale del IV sec). E, in passato, scavi avevano rilevato, poco oltre, la presenza di mosaici pavimentali. Furono ricoperti per la loro conservazione ma prossimamente verrano riportati alla luce.

Alla fine dell’edificio, lato rivolto verso il centro di Roma, nel muro di accesso alla costruzione, si vedono buchi all’interno della cortina laterizia: erano certamente fori per le travi di legno. Davanti c’era pertanto un portico o peristilio. E forse – ma non può essere stabilito con certezza – questo poteva essere l’accesso principale alla villa.

All’interno dell’edificio ci sono fori per l’attacco delle lastre di marmo che coprivano le pareti. E si vedono resti di una scala che conduceva al piano superiore e al balneum adiacente.

Questo corpo A non aveva finestre verso l’interno: la luce, dunque, entrava tutta dal giardino colonnato/peristilio in facciata e da quell’ambiente che si è supposto essere stato aperto, senza soffitto.

 

Corpo B

Oltre, verso l’odierna via delle Capannelle, sorge il corpo B, dotato di cisterne. Risale al 140-150 d.C. (ma si ipotizza anche che, nonostante i materiali siano di quell’epoca, la costruzione possa essere molto posteriore, addirittura del IV sec) ed è realizzato in opera mista di reticolato di tufo con ammorsature laterizie. Misura 45 m x 25 m. Questa era, con ogni evidenza, la zona di rappresentanza: aveva ambienti alquanto più ampi rispetto al corpo A. C’erano sale di ricevimento e fastosi alti ambienti da cerimonia, dal soffitto molto alto. Questo corpo affacciava anch’esso sull’ipotizzato peristilio/giardino sul quale affacciava anche il corpo A. Sull’altro lato, invece, affacciava sul giardino-ippodromo e sulla retrostante valle della via Latina con gli acquedotti. Per questo era dotato, su quel lato, di un bellissimo e suggestivo camminamento-terrazza semicircolare colonnato. Sotto aveva un criptoportico della stessa pianta. In questo edificio si conserva la parete finestrata più alta che si è conservata.

Si è scavato da poco in questa zona (2023) a livello di sottopavimentazione, dietro al corpo A e a lato del corpo B e sembrano confermare l’uso di spazio aperto a giardino/peristilio in questa zona. Lo scavo ha anche mostrato i danni causati dalla coltivazione della vite nei secoli posteriori all’interramento della villa antica.

 

Corpo C

Sorge sul lato di fondo del lato corto del giardino-ippodromo, sul suo lato nord. Contrariamente agli altri corpi, che avevano un solo piano, questo ne aveva almeno due. Perché sorgeva ad un livello di terreno inferiore ma, grazie al maggior sviluppo in altezza delle murature, anche questo edificio ebbe la stessa altezza degli altri due corpi.

Il corpo C era, con ogni evidenza, la zona di rappresentanza e la parte più lussuosa di tutte: aveva ambienti notevolmente più ampi (e più alti!) rispetto al corpo A e B. Guardando la pianta dei due edifici la differenza è palese. Un po’ come nella Domus Aurea, questa era, insomma, la zona di grande rappresentanza! Sale di ricevimento e fastosi alti ambienti. Ed anche e soprattutto dotata di alzati impressionanti. E bisogna sottolineare come tali muri non sorgano su colline o rialzamenti naturali: sono, al contrario, totalmente costruite e costruite così alte per poter pareggiare l’altezza del corpo A , che invece sorge davvero su un leggero rialzamento del terreno. Insomma, si volle volontariamente realizzare un complesso di edifici, ubicati in siti diversi ma aventi tutti la stessa altezza. Un complesso uniforme e scenografico. Anche nel corpo C sono stati trovati mosaici, poi ricoperti. Nella parte nord-est c’era impianto termale mentre a sud-ovest ampie sale da soggiorno, con annessi cubicoli. C’era anche impianto termale in questo corpo C: era molto esteso ed occupava gran parte del corpo.

Visitando la villa ci si può avvicinare al prospetto/facciata del corpo, affacciato verso il centro di Roma. Si vede la porta d’ingresso originaria. Lì, dunque, ci si trova al livello originale di calpestio. Li resisteva fino al 1951 una grande parte di ulteriore facciata, alquanto alta (equivalente di 4 piani) ma, purtroppo, crollò nel 1951, in seguito ad un forte temporale. Ma è chiaro che un temporale non poté da solo causare tale crollo: infatti, è quasi certo che il vero motivo che creò presupposto al crollo fu il bombardamento britannico in questa zona durante la seconda guerra mondiale (1944). Più a destra si vede una sorta di ‘abside’ con contrafforti, molto imponente ed affascinante: era la parte conclusiva di uno dei portici che delimitavano il giardino-ippodromo. In mezzo all’”abside” c’è grande finestra.

Tradizionalmente l’edificio si data alla fine dell’età di Antonino Pio. Ma, come già accennato, si è ipotizzato che sia il corpo B che quello C possano essere stati realizzati nel IV secolo, utilizzando i materiali del II sec. A questo proposito si ricorda che i materiali di costruzione potevano essere immagazzinati anche per molto tempo ed in grandi quantità in vista di lavori futuri e dunque fosse possibile utilizzare materiali riutilizzati in passato anche per opere svolte molto più in là col tempo!

 

Il giardino-ippodromo fu costruito, secondo le datazioni tradizionali, nella stessa epoca del corpo C; che, come detto, si trovava nella sua parte finale, a nord. Ha una lunghezza di 320 metri e larghezza di 95m ed il suo perimetro è ancora facilmente riconoscibile (per il dislivello del terreno e per i resti architettonici intorno). Questo giardino era in origine sostenuto da un terrazzamento artificiale, dotato anche dicriptoportico. Questo aveva, sul lato verso il giardino-ippodromo, finestre arcuate ed alcune ancora si vedono sui resti del lato corto. Alle estremità del portico intorno al giardino-ippodromo c’erano tre rotonde (ma non su quello nord-ovest, perché c’era l’edificio). Al suo interno il giardino era impreziosito, oltre che dalle piante, anche di specchi d’acqua, statue.

Il portico del giardino-ippodromo aveva galleria centrale centrale verso l’attuale deposito metropolitana e verso l’acquedotto.

 

Nei pressi dei corpi A e B, verso l’odierna Tuscolana, c’è un interessantissimo ed affascinante edificio, dalla funzione non ancora del tutto chiarita. Ha tre lati dell’edificio molto ben conservati e solo la facciata è crollata: potrebbe sembrare oggi un piccolo tempietto. Questa è stata, in effetti, l’interpretazione prevalente in passato (ad esempio ipotizzato dal Lanciani). Sulla facciata aveva un arco, lo si intuisce ancora oggi: c’era forse un pronao? Facciata ad antis? Ma, guardando in basso, si nota la presenza – proprio in corrispondenza della facciata – di una sorta di vasca. Per questa ragione si è anche ipotizzato che potesse trattarsi di un ninfeo o di una coenatio estiva, rinfrescata dall’acqua. Ma va sottolineato come qui non ci siano tracce di tubi o cisterne per l’acqua.

Interessante è poi il fatto che le finestre siano di tipologia ‘a bocca di lupo’ (fanno entrare meno luce). Sulla parte superiore delle finestre si vedono ancora alcuni bolli laterizi.

 

Sembra che la villa sia stata rifornita d’acqua da acquedotto solo a partire dal IV secolo; in precedenza l’approviggionamento idrico era garantito da cisterne.

L’acquedotto captava l’acqua dall’acquedotto Anio Novus e la conduceva nella cisterna che si trova oggi vicino al fienile diruto. Si vede ancora l’abbassamento del muro per far arrivare l’acqua. Affascinante come le arcate dell’acquedotto siano ben condervate in gran numero ed arrivino di fatto fino alla cisterna! Si può bene vedere e capire come tutto era in origine! La cisterna ha le facciate caratterizzate da nicchie: sono ben conservate e molto belle.

Sul lato nei pressi del deposito della metropolitana c’è la “dependance con terme”: era dotato di sale riscaldate in direzione del tramonto (dove oggi c’è via Capannelle e la valle della via Latina). Nel frgidarium sono state trovate delle sepolture, che sono ovviamente posteriori. Dunque, mentre nel corpo B rimase residenziale, questa parte della villa venne trasformata…addirittura in necropoli!

Nei pressi del deposito della metropolitana ci sono anche i resti di un altro edificio appartenente alla villa, forse una mansio per chi andava o veniva da Roma, per riposare. Dovevano esserci qui anche edifici per chi amministrava il fondo.

Nei pressi è stato rinvenuto recentemente un tratto basolato del diverticolo che collegava probabilmente questa villa con la via Latina.

In questa parte meridionale della villa tutte le strutture (anche l’acquedotto) sono costruite con la stessa tecnica edilizia del corpo C.

 

Oggi l’area archeologica è molto vasta ma, in origine, il suo territorio era ancora più ampio. E la villa era anche circondata dal altre strutture, che da essa dipendevano. Ed, infatti, molti resti archeologici emergono nei dintorni. Ad esempio, vicino alla via Tuscolana e nei pressi del viale alberato che dalla Tuscolana conduce al casale (ed ovviamente molti si trovano senz’altro sotto a dove oggi c’è il deposito della metropolitana). Le ville antiche, infatti, erano generalmente completate dalle strutture della cosiddetta pars rustica, il quartiere produttivo: era qui che abitava la servitù e chi doveva lavorare nei campi e nei frantoi/mulini (abitazioni, cisterne, templi, magazzini).

Abbiamo già visto molti di questi resti. Ma altri si trovano nei pressi dell’odierna via delle Capannelle. A circa 1050 metri dal bivio con la via Tuscolana ci sono i resti di quello che poteva essere un avancorpo della villa che fronteggiava la via Latina. Ha pianta rettangolare e nella parte anteriore ha una vasta sala con pianta a croce greca ed absidata sul lato sinistro. Nella parte posteriore è invece caratterizzata da un atrio con impluvio centrale ed una sala absidata. Inoltre, a sud-ovest di quest’ultimo edificio, ci sono anche i resti di una fila di stanze ubicate proprio parallelamente alla via Latina. Sono realizzate in opera mista di tufelli e sono datati all’età antonina.