Museo delle Arti e Tradizioni Popolari

Il museo tradizioni popolari è un gioiello da non perdere. Un museo emozionante in una sede museale di prestigio: sorge, infatti, all’interno del complesso del polo museale dell’Eur (Massimo Castellazzi, Pietro Morresi e Annibale Vitellozzi, 1939-42), proprio nel suo ‘cuore’, a ridosso di Piazzale Marconi. Un museo interamente dedicato alle materie demoetnoantropologiche che conserva oltre centomila documenti delle tradizioni popolari di tutte le regioni italiane.

Un museo per capire e conoscere pienamente le nostre tradizioni; un museo per non dimenticare da dove veniamo. Come il mito di Enea-Anchise-Ascanio ci insegna, bisogna sempre conoscere e tenere sempre a mente, contemporaneamente, il passato il presente ed il futuro. Ma è soprattutto fondamentale conoscere il nostro passato perché, senza di esso, noi non saremmo quello che siamo! E dunque dobbiamo conoscerlo!

Ed in questo museo possiamo farlo...emozionandoci! Si perché è davvero un museo molto ben fatto e, soprattutto, emozionante! E possiamo vedere (o rivedere, dopo chissà quanti anni!) tantissimi oggetti originali facenti parte della nostra (ricca) tradizione!

Ed il bello è che possiamo vedere (e rivedere e/o scoprire)  l'Italia e le tradizioni a tutto campo! Quasi tutto ciò che si vede è originale! Oggetti di vita quotidiana ma anche delle feste, del lavoro nei campi, in mare, nelle botteghe di una volta!

Sempre con tutto ben conservato e chiaramente esposto. Brevi ma incisive pannelli illustrativi ricreano perfettamente l'atmosfera e ci consentono di capire molto bene ma con semplicità come era l'Italia! Ed in tal senso sono molto efficaci le molteplici postazioni video! E c'è anche una bellissima postazione in cui ci si può posizionare ed ascoltare la musica tradizionale… che giunge alle nostre orecchie…dall'alto, ossia da un sistema audio che cala dall’alto e che sembra avvolgerti meravigliosamente, dato che ti cala magicamente dall'alto!

Il museo permette di farci vivere quelle emozioni provate magari nell’infanzia. Soprattutto ci fa capire pienamente certi usi e costumi e tradizioni che un tempo avevamo magari solo ‘intuito’, senza caprine pienamente il motivo! Possiamo finalmente capire pienamente il senso, il significato e l’orogine di certe tradizioni! Una volta magari nemmeno ci si poneva tali interrogativi; adesso, invece, è il momento di capirlo pienamente!

Per me rivedere ceste, carretti, ed utensili di campagna è stata una forte emozione! Avevo visto cose analoghe nella mia casa di campagna e ricordo le emozioni contrastanti che mi davano quando le vedevo (io che mi consideravo ai tempi bambino sì ma anche 'moderno'). Chissà quali emozioni proverebbero i bambini di oggi che non hanno magari mai visto un oggetto interamente fatto di legno!

Mi hanno particolarmente colpito le macchine di Santa Rosa, di San Paolino da Nola, la gondola, i carretti siciliani, il carretto del vino dei castelli, la spiegazione delle feste in piazza, specie quelle dell’Abruzzo, con tanto di musica e spiegazione dei cantastorie e co.

E c’è da dire che anche solo il 'contenitore' stesso del museo, il palazzo del museo, vale il viaggio ed il prezzo del biglietto! Salire lo scalone ed accedere al salone d'onore del piano superiore è un esperienza incredibile. È vero che il palazzo è tipicamente fascista e la sua esagerata enfasi propagandistica può essere considerato vuoto inutile titanismo fascista ma è innegabilmente emozionante! Le pitture murali del salone d'onore raffigurano scene di vita agricola o comunque contadina (1940-42) e non urbana ci ricordano come il fascismo fosse spesso promotore di un ritorno alla civiltà contadina (anche se magari in maniera ipocrita). Merita anche uscire nel mega balcone ed ammirare piazza Marconi. Il varco per accedere al salone d'onore è decorato da un bassorilievo in marmo con "Elementi caratteristici del folklore", opera di Amerigo Tot (1909-1984).

 

Il museo fu originariamente istituito a Firenze nel 1906, per iniziativa di Lamberto Loria. La sua nuova sede romana fu inaugurata nel 1956 e la collezione iniziale era costituita soprattutto oggetti provenienti dalla Sicilia, Campania, Toscana e Valle d'Aosta.

Mediante la raccolta e la conoscenza di documenti e manufatti popolari italiani Loria voleva promuovere lo studio e la conoscenza del folklore: gli usi e i costumi popolari italiani, che a suo avviso erano di alto valore civile, avrebbero potuto contribuire a far conoscere gli Italiani agli Italiani, rafforzando in tal modo il pensiero e il sentimento nazionali. Importante ricordare che l’Unità d’Italia era avvenuta solo da pochi anni!

Quasi tutto il materiale attualmente presente venne esposto nel 1911 per il cinquantenario dell'Unità d'Italia. La mostra si chiamava “Mostra di Etnografia italiana” e fu coordinata dallo stesso Loria. Per l'occasione le collezioni del Loria vennero arricchite con oggetti provenienti da ogni parte d'Italia; esse rimasero d’ora in poi stabilmente parte del Museo. Esso nacque ufficialmente nel 1923 col nome di Museo di Etnografia italiana.

Nel corso degli anni il patrimonio museale si è ulteriormente arricchito, e continua ad essere incrementato da nuove acquisizioni e da donazioni. Attualmente sono oltre 200 000 le testimonianze sulla cultura tradizionale, di cui c. 65 000 oggetti databili tra il sec. XVI e il XX.

Il palazzo del museo è impreziosito da:

decorazione a mosaico della testata esterna è di Enrico Prampolini, 1941;
quelle del salone d'Onore alludono alle principali tematiche illustrate nel museo),

 

L'esposizione museale si sviluppa per settori individuati seguendo una divisione tipologica per materie e tematiche: sistemi di trasporto nel mondo rurale e nelle attività di scambio, lavoro agricolo e pastorale, marinerie tradizionali.

Al pianterreno c’è esposizione introduttiva ma il vero e proprio museo si trova al piano superiore. Si accede ad esso mediante una spettacolare scalinata attraverso lo scalone dove sono esposti due imponenti “Gigli di Nola”, macchine processionali, vere e proprie torri mobili. Saliti al piano superior troviamo altre macchine processionali celebri d’Italia o loro riproduzioni: macchina di Santa Rosa di Viterbo e Ceri di Gubbio.

Al primo piano si ammirano i seguenti settori: il lavoro agricolo e pastorale, quello relativo alla caccia ed alle marinerie tradizionali, quindi l'artigianato ed arte popolare, le attività di scambio, la casa e le attività domestiche, il ciclo della vita umana e i giocattoli, il ciclo dell'anno, gli strumenti musicali, il teatro e gli spettacoli di piazza, l'abbigliamento popolare ed infine, la religiosità popolare.

Sono inoltre presenti depositi scientifici di materiale etnografico, archivio storico, archivio storico fotografico, fototeca, disconastroteca, archivio audiovisivo, settore catalogo, biblioteca, laboratori di restauro, falegnameria e laboratorio fotografico, ufficio didattico.

Altrettanto importante è il patrimonio conservato nell'archivio storico (manoscritti e documenti relativi all'acquisizione dei reperti etnografici), nell'archivio fotografico (materiale raccolto prima del 1911 e aggiornato), nell'archivio sonoro (registrazioni di testimonianze di tradizione orale), nell'archivio di antropologia visiva (produzione e archiviazione di film, documentari e videotape) e nella biblioteca specializzata, che riunisce c. 25 000 volumi, 570 periodici e 3716 libretti a stampa di letteratura popolare.