Neoplatonismo a Firenze (Ivan Cloulas)

Questo brano è illuminante per capire l'essenza e lo "scopo" sublime del neoplatonismo mediceo. Esso influenzerà l'arte e tutto in Europa!

"Aristotele partiva dal principio che nessun intervento trascendentale animava la natura: dopo l'impulso che le aveva dato il movimento, essa proseguiva nella direzione originariamente impartita.

Questo principio, che collocava Dio al di fuori della sua creazione, era stato accettato e sviluppato da tutta la teologia medievale da san Alberto Magno a san Tommaso d'Aquino. La creatura, responsabile, poteva essere giudicata e condannata dal suo Dio.

Platone, come veniva riscoperto nei testi da lungo tempo obliati, sosteneva, al contrario di Aristotele, che nella natura uno Spirito era costantemente presente e operava secondo un fine prefissato con l'aiuto di una folla di intercessori.

Pletone riprendeva questa teoria e i suoi sviluppi sotto l'influenza specialmente di Plotino e dei filosofi alessandrini del II secolo della nostra era. Professava che l'universo aveva un senso nascosto, rivelato in parte dalle dottrine esoteriche di Ermete Trismegisto e di Denys l'Aeropagita. L'andamento delle leggi della natura, immaginato da Aristotele, poteva essere modificato dall'intervento di spiriti e di forze spirituali benefiche.

Questa filosofia, secondo la quale i rapporti dell'umanità con la divinità non erano piú segnati dal timore e dal sentimento della colpa, come nel cristianesimo tradizionale, ma dalla libertà e dall'amore, appassionò Cosimo, i mercanti e i letterati che lo circondavano.

Pletone aveva convinto il Medici che non bisognava solo apprendere, ma anche meditare questo messaggio nelle riunioni colte e ristrette di un cenacolo: era nata l'idea di una resurrezione dell' " Accademia " platonica, questa libera assemblea dove venivano discusse serenamente le questioni essenziali.

Brano tratto da "Lorenzo il Magnifico" di Ivan Scarton 

Marsilio Ficino

"Il tono cambia a partire dal secondo fino al quinto capitolo incluso. I 652 versi di questa parte costituiscono un autentico trattato filosofico che corrisponde al secondo titolo dato spesso al poema: Il Sommo Bene. In effetti, Marsilio Ficino si unisce a Lorenzo e al pastore. Pregato di far conoscere il suo parere sull'autentica felicità che si può trovare nella vita, egli espone la sua personale teoria. Dapprima dimostra che il vero bene non risiede nella vita corporale. Mostra che i beni della fortuna e quelli del corpo (forza, salute e bellezza) sono illusori, perché perituri. Fra i beni spirituali, quelli dell'anima sensoriale risultano vani; solo quelli dell'anima razionale sono reali e, fra questi, i beni che provengono da virtú acquisite e non da virtú innate. 
Fra quelle acquisite, si distinguono virtú attive e virtú contemplative: sono quest'ultime che procurano la vera felicità. Ma per raggiungerla occorre arrivare alla separazione dell'anima dal corpo. La felicità non è altro che la contemplazione di Dio. Occorre prepararsi bene, non soltanto con la pratica della ragione, ma con la volontà e l'amore. Dunque è vano disputare sulla vita urbana e sulla vita campestre. La salvezza passa attraverso una personale elevazione.
Questo lungo trattato non è che una parafrasi di una lettera di Ficino intitolata De Felicitate. Il sesto capitolo (208 versi), che conclude l'opera, è la traduzione quasi letterale dell'Oratio ad Deum theologica di Ficino. Il carattere della composizione è comunque superbo ed esaltato. Il fondatore dell'Accademia platonica aveva redatto per l'uso dei suoi discepoli questa particolare orazione che egli recitava ogni mattino".

[...]

Come i suoi contemporanei, Lorenzo ritrovava con un estremo piacere valori per lungo tempo dimenticati. Il sen- timento della presenza divina in tutti gli stadi gerarchici del- la creazione faceva cadere divieti secolari. L'armonia fisica non era piú considerata come una tentazione diabolica. Alla nozione di peccato si sostituiva quella di imperfezione ripa- rabile. Il messaggio contenuto nelle opere antiche dell'arte e della letteratura, riscoperte e contemplate con un occhio nuo- vo, indicava la via della salvezza, cioè una comunione con la Divinità nella ragione e nella bellezza piuttosto che nella paura e nella penitenza.

L'influenza di Ficino esce allora dalla cerchia ristretta dove era nata. A partire dal 1475 cresce nell'ambito della società. Il filosofo ha appena attraversato un periodo fecondo durante il quale si è ritirato nell'erudizione e nella traduzione. Accede ora a una fase di creazione filosofica dove sviluppa le sue opere di sincretismo neopagano. In questo tentativo che non deve eclissare, ma trascendere il cristianesimo Ficino sarà estrema- mente aiutato da Lorenzo. Mentre il nuovo astro di Poliziano sorge nel cielo letterario di Firenze, anche lui acquisito profon- damente al " rinascimento" dei valori e delle immagini del- l'Antichità, i postulati di Ficino divengono poco a poco una sorta di filosofia ufficiale.

[...]

Ficino ha dimostrato che era possibile la riconciliazione fra la natura e lo spirito: tutto era lecito nella creazione. L'anima rifletteva il cosmo. La gerarchia dei valori, voluta dalla divinità, era la scala naturale della feli- cità suprema, la contemplazione. I gradini più bassi potevano essere utilizzati per l'ascensione spirituale. Ugualmente tutti gli insegnamenti estetici, morali e mistici erano validi, quelli d'Ome- ro e Platone come quelli del Cristo".
Ivan Cloulas 
 

Brano tratto da"Lorenzo il Magnifico " di Ivan Cloulas