Villa Madama

Villa Madama fu progettata da Raffello intorno al 1517 su commissione del cardinale Giulio de' Medici. Sorge sulle pendici di monte Mario, ai tempi, ovviamente, ben fuori città.

Si tratta di una delle ville suburbane più celebri di Roma. Essa influenzò moltissime altre, successive.

Purtroppo non fu mai conclusa.

Venne progettata ispirandosi alle ville antiche: in essa si fondono sia le descrizioni di Plinio il Giovane sia le aspirazioni all'agio, al riposo, al divertimento colto e raffinato degli uomini della corte papale.

In effetti, nelle intenzioni di Raffaello, la villa avrebbe dovuto essere composta da un appartamento estivo e da uno invernale, comprendenti ambienti a destinazione e livelli diversi, seguendo l'andamento del terreno che è in lieve salita e disposti attorno a cortili, giardini e porticati. La villa, insomma, avrebbe dovuto inserirsi armonicamente nel paesaggio ed assecondarlo e sfruttarlo. Anche questa è, in fondo, una caratteristica presente nelle ville dell'antichità (ad esempio questa, sull'Esquilino: link).

Il progetto definitivo fu steso da Antonio da Sangallo il Giovane (1484-1546), collaboratore di Raffaello.

In una lettera (Lettera su Villa Madama), nella quale Raffello imita e recupera l'uso antico di descrivere le ville con l'artificio letterario della forma epistolarein, la villa viene accuratamente descritta.

E veniamo a capire come l'edificio avrebbe dovuto avere un andamento longitudinale. L'accesso, per chi proveniva dai palazzi vaticani, protetto da due torrioni, avrebbe prospettato su un grande cortile, affiancato da un giardino segreto coltivato ad aranci.

Un'ampia scalinata avrebbe introdotto a un vestibolo diviso in tre navate, con funzione di accesso per un cortile circolare, attorno al quale si sarebbero articolati gli ambienti più intimi della villa, quelli abitativi e di rappresentanza dei due appartamenti, estivo e invernale.

Attraverso un loggiato (in basso) la vista avrebbe spaziato sulla città e sul Tevere, mentre sul lato opposto una scalinata avrebbe condotto a un teatro con un'ampia cavea semicircolare e una scena architettonica «collocato in modo che non può havere sole doppo' il mezodi, la quale è hora solita a simili giochi». 

Di fronte al primo vestibolo un secondo, gemello, avrebbe introdotto a una loggia tripartita, quindi a un giardino recintato, di fianco al quale, e a livello più basso, una grande vasca avrebbe costituito uno spazio di frescura per le cenationes e un abbeveratoio per quattrocento cavalli.

Le stalle sarebbero state costruite a valle, lungo i giardini che scendevano verso il Tevere, e sarebbero state precedute da un ippodromo (uno spazio destinato all'equitazione). La presenza dell'ippodromo è caratteristica delle ville suburbane di Roma antica (esempi celebri sono la Villa dei Sette Bassi e la Villa dei Quintili).

Al piano terreno/seminterrato avrebbero trovato spazio le terme, le scale e ampie cucine.

Del progetto di Raffaello solo una piccola porzione è stata realizzata. Una metà del cortile circolare costituisce oggi la facciata, che si presenta a forcipe, mentre gli spazi abitativi hanno il fulcro nella grande loggia che dà sul giardino.

Composta da tre campate - le due laterali coperte a crociera, quella centrale a cupola - la loggia si espande in esedre ornate da nicchie, mentre le sue pareti sono scandite da paraste pseudodoriche.

La facciata che dà sul luminoso giardino, al pari di quella che guarda a valle, è organizzata, invece, da paraste ioniche con fregio pulvinato, come in non pochi edifici antichi (l'Adrianèum, per esempio); pulvini sono presenti anche nei basamenti, com'era nel distrutto Arco di Portogallo a Roma.

Decorata a grottesche e a stucchi dagli allievi e successori di Raffaello (Giulio Romano e Giovan Francesco Penni), la loggia di Villa Madama, nell'equilibrata e rara unità di architettura, pittura e scultura, è quanto di più prossimo alla spazialità degli antichi edifici romani si sia mai saputo realizzare.